mercoledì 8 maggio 2019

ORO ROSSO - Jan Fabre a Napoli


Napoli 07/05/2019
Oggi Napoli si è rivelata nel suo splendore tra antichità e contemporaneità.
Avendo visto lo spettacolo di Jan Fabre “The Night Writer. Giornale Notturno” con il bravissimo Musella, mi ero ripromesso, prima di esprimere un giudizio, di vedere le varie parti della mostra a lui dedicati a Napoli "Oro Rosso. Sculture d’oro e corallo, disegni di sangue”, allestita al secondo piano del Museo Real Bosco di Capodimonte.
Una vera celebrazione dell’artista da varie istituzioni private e pubbliche napoletane.

Il tributo a Fabre, nel suo complesso, è distribuita anche tra la chiesa del Pio Monte della Misericordia, il Museo Madre e lo Studio Trisorio.
Così dalla galleria Trisoria, sulla riviera di Chiaia, con il “Tribute to Hieronymus Bosch in Congo” (Omaggio a Hieronymus Bosch in Congo): una selezione di opere di Jan Fabre realizzate completamente con intarsi di gusci di scarabei iridescenti, in memoria delle violenta colonizzazione in Congo, vista la scorsa settimana eccomi oggi al museo di Capodimonte per le sue opere di “oro e di sangue” esposte sul finire delle stanze dedicate al barocco napoletano e l’ingresso alla bella esposizione permanente contemporanea.


Prima di tutto la gradita sorpresa del bel ritratto di Graziella Lonardi Bontempi (di Massimo Piersanti
1970) che è stata una delle signore dell’arte italiana e che ho avuto il piacere di conoscere e lavorarci insieme.
Le opere di Fabre esposte vanno dagli anni settanta ad oggi.
Mi restano da vedere
la scultura “The Man Who Bears the Cross” (L’uomo che sorregge la croce) (2015), nella chiesa del Pio Monte della Misericordia, in dialogo diretto con il capolavoro di Caravaggio “Sette opere di misericordia”. E al Museo Madre, la scultura “The Man who Measures the Clouds” (L’uomo che misura le nuvole) (2018), in un’inedita versione in marmo di Carrara, allestita nel cortile principale del museo.
Devo dire che nell’arte di Fabre c’è qualcosa che mi turba.
Il corpo ne è il protagonista, sconfinante tra il sacro e il profano, la bestemmia e l’esaltazione paradisiaca.
Un corpo liquido, sgorgante da tagli sul corpo vivo dell’artista. Il sangue è essenza vitale, elemento primario, legato a inconsce sovreccitazioni, turbamenti emotivi e dolori, una mistica demistificazione di riti, icone alte e basse, di parole sacre.
Bizzarrie e tumulti folli, in visioni surreali di sculture che formano strane chimere, che fondono insieme oggetti-simboli di morte o di sacro, di potere e animali corazzati, cervelli alati in commistioni di materiali preziosi, come gli ori, organici come i gusci di scarabeo o i coralli.
Sono, al contempo, atti di affermazione e ribellione tra la rinuncia a ruoli prestabiliti, a linguaggi codificati e la ricerca di dare forma all’informe secondo accostamenti surrealisti e citazioni fiamminghe.
Guizzi di paure ancestrali ed esaltazioni gioiose di conquistate libertà e verità.
Più in là una considerazione più critica anche sullo spettacolo.









Non mi sono perso neanche il “Caravaggio Napoli”, sempre alla reggia. su cui non proferisco parola per
pudore ma segnalo un bellissimo Ribera, (detto Spagnoletto) una flagellazione, tenera ed eterea.

#Kairosnapoletano

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