Ho riletto con più attenzione il testo di Carlo Galli "Marx eretico" (Il Mulino, 2018) che avevo solo sfogliato, appena acquistato qualche anno fa. Il testo, pur non essendo corposo (solo 160 pagine), è ricco di spunti di analisi e riflessione verso una figura così "ingombrante" per la filosofia, l'economia e la politica dell'800 e del 900, nonché della sua presa "in carico" da parte di grandi personalità, movimenti politici e stati, che hanno segnato la storia del secolo scorso.
Un pensiero ingombrante, che però dagli anni '70 del '900 ha incominciato a perdere presa, con la voglia di molti di metterlo in soffitta, soprattutto da parte di una certa sinistra. Un processo che ha trovato il suo culmine dopo l'89, con il crollo del Muro di Berlino e dell'Impero Sovietico.
Perché ho trovato interessante questo testo? Carlo Galli non risparmia nulla a Marx e, in particolare, ai suoi seguaci in riferimento all'intreccio che Marx compie tra filosofia ed economia, al suo tentativo di rappresentare le interne contraddizioni del capitalismo attraverso la "scienza" dialettica per rivelarne le fratture, così da prospettare un radicale cambiamento della società, in quell'orizzonte di progresso nel quale è collocata la stessa classe borghese, che però con il capitalismo ha realizzato il mondo dello sfruttamento e dell'estraniazione di gran parte della società, in particolare del proletariato. Frutto delle contraddizioni del capitalismo, il proletariato avrebbe avuto il compito di trasformare la società per realizzare la pienezza dell'essere umano.
Troppe sono le aporie dentro al pensiero di Marx, secondo Galli, alcune delle quali riguardano l'analisi delle dinamiche interne e l'evolversi del capitalismo, le discrasie contenute nella riflessione politica. Galli evidenzia che il pensiero di Marx si caratterizza proprio per la sua "incompiutezza" tra l'enorme sforzo dell'analisi dialettica e la prassi, con cui lo stesso pensiero s'intreccia. E da qui la sua eresia.
Proprio questa sua "incompiutezza" fa sì che Marx non possa essere ridotto alla sola dimensione teologica politica (sebbene lo sia), all'utopismo (sebbene lo sia). "Proprio dal punto di vista del desiderio di salvezza, della speranza di salvezza, Marx è un "Dio che ha fallito". Così come le sue analisi economiche e sociali sono state sottoposte a critiche, revisioni, attacchi feroci.
Eppure, per molti versi paradossalmente, esse hanno fatto prendere coscienza che il capitalismo, nella sua grande capacità di metamorfosi e di tenere a sé l'intera società, va analizzato e "criticato" come fatto storico e non naturale.
Galli sottende che le nuove forme del capitalismo necessitano, per essere comprese, di una postura filosofica e politica della stessa ampiezza operata da Marx, con la consapevolezza però che la realtà, nelle sue contraddizioni fondamentali, non è frutto di una dialettica già orientata potenzialmente al suo superamento. Così come non è possibile identificare un unico soggetto in grado di essere portatore delle istanze di tutti.
Eppure, sottolinea Galli, di fronte a un capitalismo ideologico e neoliberista, "Marx non può essere tradotto in marxismo, in dottrina economica e certa di sé. Ma non può nemmeno essere musealizzato: senza Marx, infatti, non si può realizzare una nuova teoria critica. La sua capacità di smascherare l'ideologia è un esercizio contro l'egemonia del neoliberismo; la sua tensione nell'andare alla radice serve a non dimenticare che dietro la sovranità marginalistica del consumatore resta pur sempre non solo il flusso foucaultiano del potere o l'efficacia del governo, ma anche il dominio reale dei capitalisti sui lavoratori e su tutta la società, anche se è un dominio organizzato in modi nuovi per produrre soggettività più passive che attive, più individuali che collettive. Inoltre, i fattori e le modalità dell'oppressione non stanno solo nella forma di produzione, ma nelle molte contraddizioni, non sistematizzabili e non dialettizzabili, non tutte necessariamente di origine economica, anche se a questa variamente accostabili, di cui è intessuta la vita delle società, delle persone e delle nazioni".
E così Carlo Galli chiude il testo: "Nella possibile funzione critica e nella possibile apertura sulle concrete soggettività non sottomesse, Marx continua a vivere e a esprimere un pensiero che è politico nella misura in cui può essere parte di una teoria critica e al contempo offrirsi alla contingenza. È questo duplice uso del suo realismo e delle sue incompiutezze - possibile, benché difficile e poco probabile - l'ultima sfida dell'eretico Marx: la sfida che lancia lui a noi, e noi a lui, di costituire se non più la promessa di salvezza, almeno - ed è già tantissimo - un lievito del pensiero e dell'azione".
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