giovedì 23 ottobre 2025

“Salò o le 100 giornate di Sodoma” di Pasolini. Note







Sono alcune annotazioni non rielaborate per la presentazione di  "Salò o le 120 giornate di Sodoma" di Pier Paolo Pasolini in occasione della mini rassegna del Città delle 100 Scale Festival, 17 edizione, "Contrordine/Cineforum

La metafisica del fascismo",

in cui sono stati proiettati "Il portiere di Notte" di Liliana Cavani, e "Salò o le 120 giornate di Sodoma" di Pasolini. 



Appunti


Il film "Salò" si colloca in un momento cruciale della produzione cinematografica e letteraria di Pier Paolo Pasolini. In quegli anni, l'autore è impegnato nella stesura di "Petrolio", un "romanzo-non romanzo" che intende indagare le profonde trasformazioni sociali, economiche e culturali che stanno investendo il mondo occidentale. Si tratta di una metamorfosi così radicale che Pasolini la definisce una vera e propria "mutazione antropologica", causata dall'avanzata della società borghese e neocapitalista.


Questa trasformazione mette in crisi la visione del mondo che Pasolini aveva espresso nei suoi primi film e romanzi, come "Ragazzi di vita" e "Accattone". 


L'industrializzazione e la mercificazione della vita conducono, secondo Pasolini, a ciò che Marx definisce "feticismo della merce", un concetto che Pasolini riprende e sviluppa in chiave critica, influenzato anche dalla Scuola di Francoforte (Adorno, Horkheimer, Marcuse). L'omologazione culturale, estetica e comportamentale 

è, per Pasolini, una forma di impoverimento e abrutimento dell'umano, una perdita dell'autenticità e della diversità.


Per comprendere questa fase del pensiero pasoliniano, si possono individuare alcuni nuclei tematici fondamentali:

Popolo – Borghesia/Capitalismo – Corpo/Sesso – Potere/Fascismo


Il Popolo


Pasolini ha una visione del popolo che risente dell'influenza gramsciana. Per lui, il popolo autentico è incarnato inizialmente dal mondo contadino friulano, e successivamente dalle periferie urbane del dopoguerra, in particolare quelle romane. Questi luoghi, pur nati dal caos della crescita urbana, conservano forme di ingenuità, di primitivismo nei modi di vivere e relazionarsi, una spontaneità non ancora contaminata dalle sovrastrutture borghesi.


Con il tempo, però, questo mondo scompare. Le periferie si trasformano in spazi ibridi, abitati da figure fisicamente e culturalmente deformate — come si legge in "Petrolio". Il mondo poetico e alternativo di "Accattone" viene cancellato, sostituito da una realtà omologata e priva di autenticità.


Borghesia e Capitalismo


Dopo il crollo dei valori della Resistenza e la fine del fascismo, negli anni della "strategia della tensione", Pasolini osserva con tragico disincanto l'avanzare di un mondo industriale aggressivo, dominato da poteri occulti e incontrollabili. L'Italia, sotto la guida della Democrazia Cristiana, viene traghettata verso un sistema subordinato alle logiche delle multinazionali e della finanza internazionale, in particolare americana. Il patto tra popolo e governanti, sancito dalla Resistenza, viene tradito.


Il potere politico diventa sempre più oscuro, agisce nell'ombra, stringendo alleanze invisibili. 

In  Petrolio, il protagonista Carlo si sdoppia e si degrada, simbolo di una società che ha perso ogni coerenza e integrità.


I Giovani


I giovani rappresentano per Pasolini uno specchio doloroso e contraddittorio. Se negli anni'50 li celebrava per la loro bellezza e vitalità (Accattone), ora li vede come vittime del conformismo consumistico e piccolo-borghese.


 La moda, la cultura di massa, la perdita dei dialetti e delle varianti linguistiche regionali sono per lui segni di un genocidio culturale irreversibile. I giovani non sono più portatori di autenticità, ma di una standardizzazione che annulla la differenza e la poesia della lingua.


 Il Potere


Il potere, secondo Pasolini, ha perso la sua struttura istituzionale visibile. Non agisce più dall'alto verso il basso, né attraverso meccanismi democratici. È un potere anarchico, diffuso, che si manifesta non solo nel comando diretto ma nella persuasione e nell'adesione. Sposta l'attenzione dal comando al desiderio, dalla legge al corpo.



La Repressione-La tolleranza - la trilogia della vita.


Dice Pasolini: 

"la cosa più sincera dentro di me, in quel momento, era fare un film su un sesso la cui gioiosità fosse un compenso – come infatti era – alla repressione: fenomeno che stava per finire ormai per sempre. La tolleranza di lì a poco avrebbe reso il sesso triste e ossessivo."


Questo potere si incarna nel consumismo, soprattutto giovanile, dove il desiderio non è più elaborato in chiave erotica o amorosa, ma si traduce in compulsioni, in una ricerca continua e non mediata dal sentimento e dalla relazione. L'individuo è solo, spinto verso un conformismo generalizzato.

È il nuovo fascismo della società neocapitalista.


"Ora siamo dentro quel presente in modo ormai irreversibile: ci siamo adattati. La nostra memoria è sempre cattiva. Viviamo dunque ciò che succede oggi, la repressione del potere tollerante, che, di tutte le repressioni, è la più atroce. Niente di gioioso c'è più nel sesso. I giovani sono o brutti o disperati, cattivi o sconfitti". 


Alcuni film come tappe del pensiero pasoliniano


Per seguire l'evoluzione del pensiero di Pasolini tra la seconda metà degli anni'60 e la metà degli anni'70 (fino alla sua tragica morte), si possono considerare alcuni film emblematici:


1. Teorema

Un'indagine sul degrado e le contraddizioni della borghesia, attraverso l'irruzione della poesia e del desiderio.

2. La trilogia della vita

– Il Decameron, I racconti di Canterbury, Il fiore delle mille e una notte. Un'esaltazione tragicamente ironica della bellezza e dell'ingenuità dei corpi giovanili, da cui Pasolini prenderà le distanze con la famosa "abiura".

3.Salò o le 120 giornate di Sodoma – L'esito più estremo e consapevole: una rappresentazione tragica e allegorica del nuovo potere e delle sue messe in scena.


Salò: un film insopportabile


"Salò" si presenta programmaticamente come un film insostenibile, che mette alla prova la resistenza dello spettatore. È un ribaltamento totale rispetto al passato recente: giovani bellissimi vengono rapiti e sottoposti a torture e rapporti erotici estremi, in un crescendo di degradazione e violenza. Il film diventa così un'allegoria potente e disturbante di tutto ciò che Pasolini ha denunciato: il potere, il corpo, il desiderio, la mercificazione.


". Il rapporto sessuale è un linguaggio (ciò, per quanto mi riguarda, è stato chiaro ed esplicito specialmente in Teorema): ora i linguaggi o sistemi di segni cambiano. Il linguaggio o sistema di segni del sesso è cambiato in Italia in pochi anni, radicalmente. Io non posso essere fuori dell'evoluzione di alcuna convenzione linguistica della mia società, compresa quella sessuale. Il sesso è oggi la soddisfazione di un obbligo sociale, non un piacere contro gli obblighi sociali."


Annotazioni finali


Accoglienza


Alla sua uscita, "Salò" fu accolto in modo fortemente contrastante. Lo psicoanalista Cesare Musatti, come molti altri, cercò di interpretare le presunte perversioni di Pasolini senza aver visto il film né conosciuto l'opera di De Sade, da cui il film prende ispirazione. Fu censurato e sottoposto a numerosi processi, diventando uno dei film più controversi della storia del cinema italiano.


Pasolini e De Sade: un incontro che non è né omaggio né adattamento, ma una "trasfigurazione ideologica" e una "denuncia radicale". Approfondire questo rapporto significa entrare nel cuore della riflessione pasoliniana sul potere, il corpo, il desiderio e la modernità.


De Sade come figura del potere assoluto


Il Marchese de Sade, autore di testi estremi come Le 120 giornate di Sodoma, è spesso letto come simbolo della libertà sessuale e della trasgressione. Pasolini, invece, lo interpreta come "profeta del potere totalitario", un potere che si esercita sul corpo in modo sistematico, sadico, burocratico. 


In Salò, i libertini non sono ribelli: sono "funzionari del potere", incarnazioni di un sistema che ha trasformato il desiderio in strumento di dominio.


Pasolini non vuole "realizzare Sade", ma "irrealizzare il fascismo" attraverso Sade, come ha osservato in senso critico, Roland Barthes. Barthes scrive che Salò è un oggetto "irrecuperabile", nel senso che non può essere giustificato, né salvato, né riutilizzato: è una denuncia assoluta, senza appello⁽¹⁾.


 Il potere moderno: da coercizione a seduzione


Pasolini vede nel "sadismo" sadiano una metafora del "potere moderno", che non si impone più con la forza, ma con la seduzione, la persuasione, l'omologazione. Il corpo non è più solo violato fisicamente, ma "colonizzato culturalmente". Il desiderio non è più libero, ma "programmato", reso compulsivo, svuotato di erotismo e relazione.


In questo senso, "Salò" è una critica feroce alla società dei consumi, dove il corpo è esibito, mercificato, reso oggetto. Il potere non si limita a governare: "invade l'immaginario", impone modelli estetici e comportamentali, distrugge la differenza.



Narrativamente, Salò  rompe con ogni convenzione: non c'è redenzione, né speranza. Esteticamente, il film è glaciale, geometrico, quasi pittorico, ma proprio questa freddezza ne amplifica la violenza. La bellezza dei corpi giovanili è esibita e distrutta, in una messa in scena che denuncia il potere come sado-masochismi sistemico.


È il potere che si fa spettacolo, pornografia, moda. E in questo, Pasolini vede una continuità inquietante con l'universo sadiano.


Salò o le 120 giornate di Sodoma è ambientato nella Repubblica di Salò, ultimo bastione del fascismo italiano, ma è anche e soprattutto una "allegoria del presente". I giovani protagonisti, bellissimi e vulnerabili, vengono torturati non solo fisicamente, ma "ideologicamente". Il loro corpo diventa terreno di sperimentazione del potere, come in un laboratorio politico.


"Il potere fascista e nella fattispecie il potere repubblichino. Ma, appunto, si tratta di un simbolo. Quel potere arcaico mi facilita la rappresentazione. In realtà lascio a tutto il film un ampio margine bianco, che dilata quel potere arcaico, preso a simbolo di tutto il potere, e abbordabili alla immaginazione tutte le sue possibili forme… E poi… Ecco: è il potere che è anarchico. E, in concreto, mai il potere è stato più anarchico che durante la Repubblica di Salò"


"Nel potere – in qualsiasi potere, legislativo ed esecutivo – c'è qualcosa di belluino. Nel suo codice e nella sua prassi, infatti, altro non si fa che sancire e rendere attualizzabile la più primordiale e cieca violenza dei forti contro i deboli: cioè, diciamolo ancora una volta, degli sfruttatori contro gli sfruttati. L'anarchia degli sfruttati è disperata, idillica, e soprattutto campata in aria, eternamente irrealizzata. Mentre l'anarchia del potere si concreta con la massima facilità in articoli di codice e in prassi. I potenti di Sade non fanno altro che scrivere dei regolamenti e regolarmente applicarli". 


Infatti nella villa-lagher-inferno, igerarchi stabiliscono delle regole ferree che "le vittime" devono seguire con forte aderenza, pena la punizione o la morte. Gli unici a poter essere oltre la legge stabilita sono coloro che la dispongono o la possono variare. 


Però bisogna leggere non solo dalla parte do De Sade, bisogna introdurre un nuovo allegorico protagonista: Masoch - o meglio la caratteristica del masochista


Agamben

"Non basta dire, tuttavia, che il masochista trova piacere nell'essere umiliato dal comando della legge; occorre aggiungere che il masochista prova piacere nel fatto che la legge prova piacere a umiliarlo. Il masochista, infatti, non prova piacere nel dolore e nell'umiliazione, ma nel procurare al sadico un piacere, che consiste nell'infliggere dolore e umiliazione"



Pasolini usa De Sade per mostrare che "la violenza non è mai fine a se stessa", ma è sempre "strumento di dominio". "La crudeltà apparente" del film non è gratuita: è una denuncia, una provocazione, una sfida allo spettatore, lascendolo interdetto di fronte all'ambiguità come si manifesta il rapporto dominio desiderio.  


Salò: un film sadiano, ma non sadico


Aspetti estetici e filmoci. 


"E ciò in una specie di sacra rappresentazione, che seguendo probabilmente quella che era l'intenzione di Sade ha una specie di organizzazione formale dantesca. Un Antinferno, e tre Gironi. La figura principale (di carattere metonimico) è l'accumulazione (dei crimini): ma anche l'iperbole (vorrei giungere al limite della sopportabilità)."


Giuseppe Bertolucci

"Ci voleva tutta la felicità fantastica di un poeta, che gioca con le idee come con le parole, ci voleva tutto il coraggio, e il disprezzo del pericolo, di un artista davvero libero, per affrontare tutti i rischi di una missione impossibile come quella. Lui, un regista in quel momento, dopo il Decameron, sulla cresta dell'onda della popolarità e del successo, ancora una volta si rimette in gioco e lancia la sfida di un film che ancora oggi ci colpisce, ci urta e ci ferisce, suscitando in noi reazioni di smarrimento, spesso di rifiuto. Un film che 'non ci lascia stare', che ci viene a provocare, inquadratura dopo inquadratura, come un implacabile metronomo della sgradevolezza."


(Giuseppe Bertolucci, Cosedadire, Bompiani, Milano 2011)


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[1] Not to be Reproduced: Pasolini's Salò and the Question of Visual Arts (https://www.sensesofcinema.com/2015/pier-paolo-pasolini/salo-and-visual-arts/)

[2] Sade – Pasolini.Roland Barthes,1976. (https://www.cittapasolini.com/post/sade-pasolini-roland-barthes-1976)





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