Le cronache riportano che un bambino di 11 anni è rifiutato dalla famiglia a 11 anni perché autistico e affidato al Tribunale dei Minori.
"Una storia tragica, di disperazione e solitudine"
Questo episodio richiama ad una drammatica realtà.
È evidente che il coinvolgimento emotivo è forte. Eppure questo episodio fa esplodere le contraddizioni e gli equivoci che oggi giocano sul significato di famiglia e società.
Un mio amico, Ermenegildo Caccese, che vive una situazione similare, a commento dell'articolo scrive su Facebook:
"...forse emerge, al di là delle celebrazioni delle momentanee 'bontà del giorno blu', che il carico sulla famiglia è intollerabile, e che la disabilità - in particolare questo tipo di disabilità - è il contrario dell'umanità...".
Una dichiarazione difficile e per alcuni versi ostica perché va contro il buon sentimento comune.
Cerco d'interpretare.
La contraddizione dell'attuale società è che pone un enfasi sulla famiglia tale però da abbandonarla a se stessa fino alla disperazione.
Il modello di famiglia sullo sfondo resta quello tradizionale entro cui si concentra l'attenzione su tutti i membri con le particolare responsabilità dei genitori secondo i ruoli stabiliti di padre e madre.
Dall'altra la società esalta un forte individualismo molto competitivo per cui i "disabili" sono abbandonati a se stessi, il che vuol dire per la maggior parte delle volte alla famiglia, che deve reggere tutto il peso affettivo, materiale, morale ed etico del problema.
Lo smantellamento dello stato sociale senza pensare a formule alternative ne è un esempio.
Ma c'è una sottolineatura più spiazzante nell'affermazione del mio amico: "questa disabilità è il contrario dell'umanità".
Cosa suggerisce? È solo un grido di disperazione di qualcuno che è al limite della sopportazione? O pone un dubbio più ampio nei confronti del senso dell'umanità? E chi sono gli umani?
Si potrebbe pensare all'antica interrogativi
"d'onde il male?". Ma qui non mi sembra il caso.
Per umanità si intende una condizione individuale e comunitaria e la relazione che si stabilisce tra questi termini. Cioè se in effetti quanto l'umanità è disposta a farsi carico dell'umanità in tutte le sue forme. La risposta sottesa è negativa. Penso che l'umanità a cui facciamo riferimento produca meccanismi d'inclusioni ed esclusioni sulla base di formule antropologiche, etiche e di diritto che delineano campi di riconoscimento e disconoscimento su principi di forza che performano la realtà.
Ecco perché il problema non può essere lasciato a questa famiglia e a questa società per rifondare vincoli di solidarietà più profondi.
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