venerdì 16 agosto 2019

Docenti e alunni/e

Incontro uno mio studente di circa 20 anni fa e con un sorriso beffardo mi chiede: professore si ricorda che mi ha bocciato? Trasalisco prima perché non lo riconosco e secondo perché la bocciatura non rientra nel metro della mia valutazione.

Aggiunge: mamma quanto l'ho odiata. Un po' mi pizzica il cuore. Poi invece avviamo una cordiale e anche affettuosa conversazione pur non mettendo completamente a fuoco né il periodo né lui.

Il racconto si fa sincero e molto tenero. Mi racconta particolari che mi sfuggono, che cerco di reperire dal fondo dei miei ricordi. Man mano però si staglia lo sfondo di una situazione di disagio.

Da una parte una mia eccessiva severità, è questo il suo punto di vista, dall'altra il mio non riconoscermi in quella descrizione.

Mi confessa che molti dei suoi atteggiamenti irritanti nei mie confronti erano volutamente provocati perché riteneva che non mi fosse simpatico.

Alla fine, però, ricostruendo il momento, molto sfumato per me, molto vivido per lui, capisco che in effetti si era creata una grande incomprensione dovuta anche circostanze negative che entrambi attestiamo, compreso un mio periodo di disorientamento e sofferenza personale che nonostante la mia accortezza sarà sfuggito in alcuni miei comportamenti.

Ci lasciamo abbracciandoci con un sorriso. Il che mi rincuora molto.

Rifletto a quanto sia complicato poter stabilire un rapporto e come molte volte le tue intenzioni siano avvertite in senso opposto.

Mi chiedo quante altre volte sarà successo di aver creato incomprensione e sofferenze? E quanti altri studenti e studentesse devo avere ferito senza che fosse nelle mie intenzioni?

È difficile da una posizione d'insegnante, abbandonare il ruolo fino ad entrare nelle pieghe dell'animo di chi ti sta di fronte.

Prevale, a volte, il dovere kantiano, ti senti portatore di una finalità educativa su cui costruisci un mondo astratto, magari anche come difesa per la complessità delle situazioni che hai di fronte, per la complicazioni burocratica e meschinità di situazioni o perché credi di essere portatore di una missione tralasciando così l'essenziale: il volto che ti sta davanti chiede di essere ascoltato.

Una cosa però mi è stata sempre chiara, ciò che appariva una mia forma di eccessiva severità era in effetti serietà, dovuta a far comprendere che la cultura non è una cosa banale e che il mondo è complesso e lo sguardo che poniamo sulla realtà deve essere acuto e ricco di attenzione per coglierne le molteplici sfumature e agire con capacità critica e spirito di autonomia e libertà.

Forse non sempre ci sono riuscito ma ci ho provato.

#docentialunni

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