Come colse Umberto Eco, è quello il momento in cui la realtà e la televisione (il media più potente) si sovrappongono. Dirà Eco “il bambino di Vermicino è esistito, ma Alfredino è esitito anche perché c’era la televisione”.
Chi ha vissuto quella tragico evento collettivo scoprì le potenzialità della televisione sulla presa diretta della realtà e nello stesso tempo le potenzialità di come l’immagine, le testimonianze, la gente comune potessero essere protagonisti di una narrazione basata sull’immediatezza dell’emozione e del giudizio del pubblico-gente.
Tutto questo sarà colto, diventandone il modello dominante, dalla televisione commerciale, che in Italia significò Berlusconi.
Le modalità dell’informazione e della comunicazione accentuarono quegli estremi che Perniola definirà più tardi in un suo celebre pamphlet “i traumi e i miracoli della comunicazione”, che saltando ogni forma di mediazione di saperi ed esperienza, marcano la realtà giocando su aspetti estremi secondo forme di addiction comunicative tese a saturare quanto più possibile gli spazi emotivi.
Persino Pertini con la sua schietta presenza, spezzando l’immagine austera e appartata del Presidente della Repubblica, aprirà varchi al populismo che nel corso del tempo ha trovato forme sempre più evidenti fino ai nostri tempi.
Da una parte le immagini della morte di un bambino diventano l’emblema dell’emozione collettiva e dall’altro si sviluppa quel senso di indignazione e partecipazione differita che si sarebbe carttarizzata nei talk show televisivi, fatti di parole e gestualità forzate a suscitare appeal o consenso compiacente altrimenti contrasto e tifoseria. Oggi chiunque, inserendosi nella sua ovattante bolla di “amici”, può esprimere la sua opinione e partecipazione, basta essere alla portata di un social.
È il momento in cui l’informazione inizia a vestirsi d’intrattenimento costituendo i prodromi di quelli che oggi si definisce come infotainment, che ebbe varie manifestazioni e livelli compreso i vari striscia la notizia, le Iene e i vari talkshow che man mano crearono quell’atmosfera-ambiente di opinioni e opinionisti/e in cui si mescolano pareri di livelli
e competenze diverse, dove lo scienziato trova di pari grado come interlocutore il mago di turno, il cittadino qualsiasi con l’ospite famoso e via dicendo sostituendo all’argomentazione la battuta, l’ammiccamento nei confronti del pubblico.
La stessa politica toglie i panni “ascetici” della rappresentanza per diventare parte del circolo mediatico spettacolare.
Si può dire che un evento come Vermicino può essere considerato un evento matrice che ha segnato l’immaginario collettivo e nello stesso tempo ha favorito nuove modalità di rappresentazione e di essere all’interno della società e del mondo.
Lo spostamento prospettico ha riguardato la “gente comune” che è diventata in varie forme protagonista. Significativo il meccanismo che i vari reality metteranno in atto. Riprendendo tale assunto renderanno attori nel loro quotidiano persone comuni, professioni che man mano escono fuori dalle retrovie per diventare protagoniste o acquisire dignità “culturale” ed economica. Tutto fa spettacolo e lo spettacolo si fa tutto.
La spinta essenziale alla partecipazione è mossa soprattutto dall’apparire, nel diventare protagonista e famosi senza bisogno di particolari qualità o competenze valorizzati da statuti o prassi culturali e professionali. Fama, che in precedenza era destinata essenzialmente al mondo dello spettacolo e dello sport, ai giornalisti, ai facoltosi o figure carismatiche.
Si rafforza un meccanismo di rispecchiamento o auto-rispacchiamento dove l’altro è solo un riflesso di se stesso palesato nella sua immediata evidenza priva di spessore.
La diversità scompare dall’orizzonte facendo posta alla simulazione e alla possibile inversioni di fittizi ruoli, anche i cosiddetti “famosi” vengono confinati in scenari “reali”, dove si svelano, in modo rassicurante, nella loro dimensione fisica e intellettuale molto simile a chi guarda ed interagisce. Molte vecchie star, per esempio, perso il loro carisma artistico si rigenerano mixando finzione e realtà, esponendo la loro “nuda umanità” tra decadenza e sopravvivenza.
Quel bambino, malgrado lui, in quel pozzo consumava la sua esistenza nell’astrazione mediatica diventando ormai un paradigma di pura comunicazione.
Chi ha vissuto quella tragico evento collettivo scoprì le potenzialità della televisione sulla presa diretta della realtà e nello stesso tempo le potenzialità di come l’immagine, le testimonianze, la gente comune potessero essere protagonisti di una narrazione basata sull’immediatezza dell’emozione e del giudizio del pubblico-gente.
Tutto questo sarà colto, diventandone il modello dominante, dalla televisione commerciale, che in Italia significò Berlusconi.
Le modalità dell’informazione e della comunicazione accentuarono quegli estremi che Perniola definirà più tardi in un suo celebre pamphlet “i traumi e i miracoli della comunicazione”, che saltando ogni forma di mediazione di saperi ed esperienza, marcano la realtà giocando su aspetti estremi secondo forme di addiction comunicative tese a saturare quanto più possibile gli spazi emotivi.
Persino Pertini con la sua schietta presenza, spezzando l’immagine austera e appartata del Presidente della Repubblica, aprirà varchi al populismo che nel corso del tempo ha trovato forme sempre più evidenti fino ai nostri tempi.
Da una parte le immagini della morte di un bambino diventano l’emblema dell’emozione collettiva e dall’altro si sviluppa quel senso di indignazione e partecipazione differita che si sarebbe carttarizzata nei talk show televisivi, fatti di parole e gestualità forzate a suscitare appeal o consenso compiacente altrimenti contrasto e tifoseria. Oggi chiunque, inserendosi nella sua ovattante bolla di “amici”, può esprimere la sua opinione e partecipazione, basta essere alla portata di un social.
È il momento in cui l’informazione inizia a vestirsi d’intrattenimento costituendo i prodromi di quelli che oggi si definisce come infotainment, che ebbe varie manifestazioni e livelli compreso i vari striscia la notizia, le Iene e i vari talkshow che man mano crearono quell’atmosfera-ambiente di opinioni e opinionisti/e in cui si mescolano pareri di livelli
e competenze diverse, dove lo scienziato trova di pari grado come interlocutore il mago di turno, il cittadino qualsiasi con l’ospite famoso e via dicendo sostituendo all’argomentazione la battuta, l’ammiccamento nei confronti del pubblico.
La stessa politica toglie i panni “ascetici” della rappresentanza per diventare parte del circolo mediatico spettacolare.
Si può dire che un evento come Vermicino può essere considerato un evento matrice che ha segnato l’immaginario collettivo e nello stesso tempo ha favorito nuove modalità di rappresentazione e di essere all’interno della società e del mondo.
Lo spostamento prospettico ha riguardato la “gente comune” che è diventata in varie forme protagonista. Significativo il meccanismo che i vari reality metteranno in atto. Riprendendo tale assunto renderanno attori nel loro quotidiano persone comuni, professioni che man mano escono fuori dalle retrovie per diventare protagoniste o acquisire dignità “culturale” ed economica. Tutto fa spettacolo e lo spettacolo si fa tutto.
La spinta essenziale alla partecipazione è mossa soprattutto dall’apparire, nel diventare protagonista e famosi senza bisogno di particolari qualità o competenze valorizzati da statuti o prassi culturali e professionali. Fama, che in precedenza era destinata essenzialmente al mondo dello spettacolo e dello sport, ai giornalisti, ai facoltosi o figure carismatiche.
Si rafforza un meccanismo di rispecchiamento o auto-rispacchiamento dove l’altro è solo un riflesso di se stesso palesato nella sua immediata evidenza priva di spessore.
La diversità scompare dall’orizzonte facendo posta alla simulazione e alla possibile inversioni di fittizi ruoli, anche i cosiddetti “famosi” vengono confinati in scenari “reali”, dove si svelano, in modo rassicurante, nella loro dimensione fisica e intellettuale molto simile a chi guarda ed interagisce. Molte vecchie star, per esempio, perso il loro carisma artistico si rigenerano mixando finzione e realtà, esponendo la loro “nuda umanità” tra decadenza e sopravvivenza.
Quel bambino, malgrado lui, in quel pozzo consumava la sua esistenza nell’astrazione mediatica diventando ormai un paradigma di pura comunicazione.
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