Dal punto di vista retorico la tautologia indica un ripetizione della stessa cosa senza aggiungere nulla di nuovo. Può avere vari scopo come un volere ribadire con forza quanto affermato in precedenza. Oppure non volersi spostare dalla propria posizione. O se ne fa un uso molto aggressivo per chiudere qualsiasi forma di comunicazione con l'interlocutore. È così e basta. Non c'è alternativa.
In termini logici si definisce una tautologia una proposizione (un enunciato) in cui il predicato non aggiunge nulla al soggetto, ma ne ripete il significato. Esempio classico: Lo scapolo (sogg.) è un uomo non sposato (predicato). Infatti se dico scapolo sto parlando di un uomo non sposato. Se dico l'uno o l'altro sto dicendo la stessa cosa.
Più sofisticata ed interessante si fa la cosa quando si incontra il “Tractatus logico-philosophicus" (pubblicato nel 1922) del filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein (1889-1951), un testo logico-filosofico inportante, che è stato ed è molto discusso.
Con questo testo Wittgenstein si poneva i problemi della logica, se essa poteva essere a fondamento del linguaggio e in quali termini è possibile rappresentare il mondo, o quale valenza avessere i fatti, perché per Wittgenstein il mondo è l'insieme dei fatti, cioè degli stati cose, che sono espressi dal linguaggio.
Cosa vuol dire questo.
Se osserviamo il mondo possiamo constatare che esistono gli oggetti e che questi oggetti sono in rapporto tra loro secondo relazioni che ne strutturano la loro configurazione di essere al mondo. Infatti se io considero una stanza noto che essa si struttura in base a relazioni spaziali, topologiche. Così come posso dire "il gatto è sul tappeto", dove "gatto" e "tappeto" hanno una relazione topologica.
Ora rispetto al linguaggio Wittgenstein dice fondamentalmente che esso attraverso le proposizioni "rispecchia" la realtà.
Quello che più specificatamente vuol dire il filosofo è che la forma logica del linguaggio rispecchia la struttura della realtà. Quando io dico "il gatto è sul tappeto", le parole che io ho utilizzato sono strutturate secondo una forma che corrisponde alla forma che nella realtà struttura uno stato di cosa, cioè la relazione tra gatto e il tappeto, che determina un fatto.
In questo senso dice Wittgenstein il mondo è l'accadere dei fatti. Tali fatti sono espresse dalle proposizioni, le quali nella loro forma logica rispecchiano la struttura degli stati di cose, cioè dei fatti.
Nell'analizzare il linguaggio possiamo dividere le proposizioni in semplici (o "atomiche") e "complesse" che relazionano proposizioni atomiche tra loro.
Le proposizione atomiche sono la base del linguaggio, ed esprimono i fatti che accadono. Il mondo è l'insieme dei fatti, che a loro volta possono essere interrelati tra loro.
La nostra proposizione atomica "il gatto è sul tappeto" può essere "estesa" dicendo che "sta nel salotto della mia casa" ecc.
Ci sono da fare alcune considerazioni.
Wittgenstein divide tra proposizioni sensate e proposizioni insensate.
Le proposizioni sensate sono tutte quelle che esprimono la possibilità dei fatti del mondo, mentre le insensate non esprimono fatti.
Infatti io posso dire "il gatto è sul tappeto" ma non posso dire "il gatto vola con le ali per casa", il gatto non è un uccello.
Una volta attestato questo si aprono varie problematiche per il filosofo (che riprenderà in seguito e anche per l'interpretazione del Tractatus stesso).
C'è da chiedersi se il linguaggio sensato è solo quello che riguarda i fatti, che fine fanno quei discorsi che si occupano di altro (tipo valori, metafisica, filosofia ecc), che ricadono secondo il filosofo nell'insensato?
L'indagine del Tractatus è, come si vede, molto vasta sino a volere comprendere i limiti del linguaggio. Famosa è l'utima proposizione del Teactatus che dice: "di ciò di cui non si può parlare bisogna tacere", come fa il mistico. Qui la dimensione mistica indica tutte quelle dimensioni che riguardano l'uomo ma che non possono essere dei fatti, che sono in fondo l'unica esperienza che può essere verificata. Le "altre" nostre esperienze sono vissute ma prive di possibilità di essere riportate ad un linguaggio verificabile.
L'unico linguaggio che ha a che fare con il mondo resterebbe quello scientifico.
Potrebbe essere certamente questa una lettura del Tractatus, tant'è che, alcuni studiosi, tra filosofi e scienziati, gli adepti del cosiddetto Circolo di Vienna, alla sua uscita ne restarono folgorati. Hanno cercato di trarre da esso una base logico-linguistica per definire un'epistemologia (studio dei fondamenti della scienza) che va sotto il nome di verificazionismo, che in fondo non convinceva neanche lo stesso Wittgenstein.
Per ritornare alla nostra tautologia, e riprendere le questioni da un angolatura più logica vediamo cosa Wittgenstein ci dimostra analizzando la struttura logica del linguaggio. Qui per logica s'intende il confronto che Wittgenstein instaura con due importanti filosofi che hanno strutturato la logica e la filosofia del linguaggio contemporaneo, Frege e Russel.
Nel Tractatus costruisce una vera e propria modalità per analizzare le composizioni delle proposizioni tra loro attraverso elementi o funzioni logiche fondamentali (i connettivi) per determinarne il valore di verità che si ricava dalla loro struttura compositiva, dando a ciascuna proposizione il valore vero o falso. Insomma sono le tavole di verità che diventano uno strumento indispensabile della logica proposizionale.
Wittgenstein dopo avere analizzato tutte le "combinatorie" possibili tra connettivi e valori di verità divide le proposizioni in tre tipologie fondamentali rispetto alla loro forma logica.
Per cui abbiamo le proposizione che possono essere vere o false che hanno bisogno di essere riportati ai fatti, esempio: se io dico "piove e c'è foschia", il risultato può essere o vero o falso. Il falso e il vero saranno validati dalle reali condizioni atmosferiche.
Però se dico "Piove o non piove" si capisce che il risultato è sempre vero, non c'è bisogno di riferisi ad un fatto. Ecco questo è una tautologia. Una tautologia non ci dice nulla sul mondo ma tutto sulla forma logica. Le tautologie costituiscono l'altro gruppo di proposizioni
Se si analizza la proposizione "piove e non piove" si constata che il risultato è sempre falso. Siamo qui difronte al gruppo di proposizioni classificate come necessariamente contraddittorie. Anch'esse non ci dicono nulla sul mondo.
In definitiva possiamo esprimere la differenza tra il primo gruppo di proposizioni e gli altri due affermando che mentre il primo si rapporta ai fatti, gli altri due no, essi mostrano solo la loro forma (come una specie di essenza della logica) che non esprimono nulla sul mondo. Cioè le tautologie e le contraddizioni sono proposizioni che sono "oltre" il mondo, Mostrano la forma della logica che sta alla base del linguaggio.
Perché questo è importante. Si tratta di stabilire il valore del linguaggio nella rappresentazione del mondo.
E qui si riapre il discorso sui limiti del linguaggio.
Ma anche di cosa deve occuparsi la filosofia, che a questo punto, secondo Wittgenstein si deve preoccupare di stabilire quali linguaggi hanno validità, cioè si riferiscono al mondo dei fatti e quali no.
Ma c'è da fare alcune considerazioni sull'impostazione del discorso di Wittgenstein che hanno aperto varie discussioni.
Come si diceva per Wittgenstein esiste un rapporto di iconicità tra il linguaggio e i fatti. Sembra che questo sia dato "per scontato". Credo che Wittgenstein voglia superare il triangolo semantico per cui tra il linguaggio e la cosa intervenga il pensiero, che diventa di per sé inanalizzabile.
Resta comunque da definire meglio il rapporto linguaggio realtà.
Si può dire: il linguaggio ci dice la realtà, la realtà è detta dal linguaggio. Si può anche affermate che senza linguaggio la realtà non può essere detta. È proprio in questa sorte di pensiero circolare, che molti hanno visto in Wittgenstein un fondo Humiano o kantiano.
Il linguaggio è "la griglia" che afferra la realtà entro determinate coordinate, cioè forme.
Proprio sulla scorta di questa "ambiguità" la stessa filosofia di Wittgenstein esplorerà diverse altre strade. Si parlare di un secondo Wittgenstein che, abbandonando l'analisi della forma ideale e logica del linguaggio, lo conduce a pensare al linguaggio come determinato da regole e usi sociali. Il linguaggio come un fatto sociale, riflessione che trova una sua formulazione nella teoria dei "giochi linguistici", esposta (problematicamente) nell'opera postuma, le "Ricerche Filosofiche".
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