Flusso di coscienza, tra me e me, sulla guerra, etica e politica per il futuro.
Con molta cautela, conscio delle mie incertezze vorrei tentare di fare tra me e me un ragionamento, o meglio dire alcune cose rispetto al rapporto etica e politica in epoca di guerra pensando al futuro, cercando di conservare uno sguardo "utopico" di fronte alla catastrofe.
Sul filo dello scorrere tragico della storia nel dibattito pubblico vorrei prendere spunti da Max Weber, da quanto lui definiva - dal punto di vista etico/politico - etica delle intenzioni e l'etica della responsabilità, rispetto al loro relazionarsi in merito al dibattito e alla decisione politica.
Di fronte ad una situazione bellica come quella che stiamo vivendo i due poli tendono a distanziarsi nonostante che da tutte le parti si affermi il volere la pace.
Prevale nella discussione mediatica un atteggiamento di discredito verso gli aspetti delle intenzioni, contrapponendo un realismo basato su una presunta incontestabile evidenza.
Così i pacifisti e i volontari umanitari (che frappongono la salvezza del debole di fronte al forte) vengono ascritti ai fautori dell'etica dell'intenzioni, meglio dire delle fatue intenzioni. Mentre la responsabilità è invece tutta schiacciata su un codice binario, che rende evidente da che parte c'è la colpa e da che parte sta la vittima. Dove c'è il giusto, dove c'è il dannato.
Nella rappresentazione mediatica si fronteggerebbero, secondo quanto si narra,
da una parte gli idealisti pacifisti inconcludenti, persino pericolosi perché non si rendono conto di quello che sta succedendo, che favorirebbero addirittura l'aggressore.
Dall'atro il realista interventista che ritiene di avere preso immediatamente coscienza della situazione e vi cerca non solo di porre rimedio ma di limitarne le conseguenze negative per l'occidente e l'intero mondo.
Se può essere vero che di buone intenzioni sono lastricate le strade che portano all'inferno si potrebbe dire, che il realismo a volte rende più realisti del re evitando di scoprirne però la nudità, per sintetizzare alcuni detti popolari.
Di fronte ad una guerra la questione si fa più complessa e rispetto ad una enunciazione così semplice bisogna operare con discernimento.
L'orrore della guerra è sotto gli occhi di tutti siamo invasi dalle immagini delle tragedie, che appartengono a tutte le guerre del mondo. E ciò induce nella gente sentimenti contrastanti di compassione e per molti anche di vendetta. E su questo si muove molto del dibattito attuale rispetto allo sgomento, alla sorpresa e alle paure di una guerra "inaspettata", che a tratti rasenta la dimensione propagandista, che tende a chiudere la discussione privandola di confronto critico e di voci alternative.
Lo scontro in atto tra Russia e Ucraina si è impantanato, è diventata una guerra totale e distruttiva dove i civili sono carne da macello.
Di fronte all'attacco russo all'Ucraina ha vinto, in Italia ed Europa, il partito che, facendo leva sullo sgomento e l'incertezza, è favorevole alla partecipazione alla guerra contro la Russia (se pure non direttamente ancora). Si è aperto la corsa agli armamenti e alle sanzioni economiche.
Ciò che sta avvenendo e sotto gli occhi di tutti. La guerra in atto sta modificando profondamente, dal punto di vista dei rapporti di forza, il mondo, reso più conflittuale e pericoloso. Insomma si sta ridefinendo, non si sa esattamente con quale esito, la geopolitica e l'assetto economico mondiale.
La situazione è così delicata (e pericolosa) che ritorna, come una reale minaccia, l'atomica perso il valore di deterrenza.
Persino, la claudicante, Europa, ancora non se ne capiscono bene le conseguenze, è ricorsa al riarmo. Addirittura la Germia è ricorsa ad un massiccio riarmo, modificando profondamente i suoi connotati militari, così come usciti dalla seconda guerra mondiale.
E pian piano, dopo la compattezza iniziale, emergono le varie anime dell'Europa a causa d'interessi contrastanti, con al centro la questione energetica ad ovest, e la NATO e il rapporto ravvicinato con la Russia ad Est. Addirittura si manifestano idee contrastanti su cosa debba essere l'Europa.
Insomma se non la guerra mondiale si prospettano nuovi irrigidimenti e contrapposizioni che ricordano la guerra fredda nel linguaggio ma senza il suo equilibrio anzi con maggiori pericoli ed instabilità.
E più il tempi passa e più la guerra si nutre di eccidi e carneficine. Nel frattempo si aggravano le conseguenze economiche per la recessione in atto, per non dire del dramma dei profughi ucraini e di altri rifugiati del mondo. Se non addirittura la prospettiva di un allargamento del conflitto.
Difronte a questo si consta l'impotenza dell'Europa in particolare, dell'incapacità a prendere una decisa e una forte iniziative per aprire un tavolo di trattative che si confronti con la realtà della situazione e con le prospettive future in cui si comprendano tutti i soggetti in campo, con riferimento alle superpotenze.
Tale impotenza è anche frutto di vedute diverse dentro il mondo occidentale dovuti a rapporti politici ed economici intrecciati con la Russia negli anni passati, a pieno titolo inserita tra i grandi protagonisti del capitale globale.
Siamo insomma in un cul de sac tragico, che fa si che non si riesce a vedere la fine di questa guerra, anzi si assiste al suo prosieguo con l'aggravarsi della sua drammaticità.
L'opinione pubblica fiaccata dalle propogande dell'una e dell'altra parte, man mano ripiega su se stessa, sui problemi economici e sociali che l'inflazione e la recessione dovute alla crisi energetica causano e causeranno in termini di povertà e disoccupazione, con il rischio che si acuiranno fenomeni di intolleranza grazie al populismo e ai sovranismi, che faranno leva peoprio sulla guerra e su nazionalismi e il razzismo, lo scontro culturale.
La prospettiva non sembra delle migliori, anzi assume sfumature apocalittiche, se si pensi ai gravi e impellenti problemi ecologici che sono ritornati nelle retrovie, con grande soddisfazione di alcuni.
Per tornare al discorso iniziale, bisognerebbe trovare il giusto rapporto tra etica delle intenzioni e etica della responsabilità per riaprire una prospettiva per il futuro e uscire dalle strettoie entro cui siamo stati infilati.
Come si fa a riconnettere
in qualche modo etica e politica, nel senso di realizzare una buona politica.
Tutti giocano sull'esito della guerra, sullo stremo della Russia per condizionare le trattative e contrastare la sua influenza economica e geopolitica. Credo che questa visione sia limitata alla forza non guarda al futuro, per tracciare un discorso per la "pace" e la convivenza.
Come alcuni attenti studiosi ci dicono ci attende un periodo di grande incertezza, e questa guerra ha escluso dal nostro orizzonte (come europei) l'illusione della pace che ha caratterizzato la nostra vita da dopo la seconda guerra mondiale con l'ideale del progetto dell'Unità europea.
Ricompare il rischio e la presenza incombente della guerra dopo una parentesi di pace, che per molti sembra sia stata addirittura innaturale se si guarda alla storia. Quasi a rimarcare il legno storto di cui è fatto l'animo umano.
Allora a mio avviso diventa necessario rimettere in campo un punto di vista etico e politico che incorpori una dimensione universale (mondiale) e futuribile.
Di fronte a ciò che appare ineluttabile (il legno storto) bisogna trovare un telos comune, che rimetta in moto una storia di cui essere protagonisti per costruire un mondo migliore, con una maggiore consapevolezza rispetto al passato. Bisogna far ricorso ad una ragione plurale, senza pretesa egemoniche.
Per sottolineare l'aspetto etico bisogna saper coniugare l'intenzione con la responsabilità. Ciò è possibile se si ritorna a dare senso alla politica in senso generale.
Si avverte la necessità di rinnovare le nostri classi dirigenti perché c'è bisogno di lungimiranza, di fatica della responsabilità, la quale sembra oggi preclusa dopo anni di insano populismo e di messa in crisi della democrazia.
Ma la politica per rinnovarsi ha bisogno di un grande movimento dal basso che sappia designare quali fini bisogna raggiungere. Un movimento mondiale che metta nella sua agenda la pace, i problemi ambientali, la necessaria collaborazione e interrelazioni per la risoluzione di problemi mondiali pena la catastofe.
Ecco si potrebbe porre come base comune tra responsabilità e intenzione, ciò che Jonas chiamava principio di responsabilità, in cui è contemplato il futuro a partire dal nostro agire nel presente, di fronte all'incapacità di previsione rispetto alle conseguenze delle nostre azioni. Jonas faceva riferimento in particolare ai problemi ecologici, della tecnica che mettono a rischio la sopravvivenza dell'uomo e della terra. A tali questioni Io credo che, ormai, passata l'illusione,vanno aggiunti, la guerra e l'atomica che si ripresentano come concreta possibilità.
Un principio base in cui realtà e fini, intenzioni e responsabilità possono trovare un primo momento d'incontro come sfondo comune da cui partire.
Nessun commento:
Posta un commento