domenica 22 maggio 2022

Dialogo su saggezza e amicizia


Seduto ad un tavolino di un caffè in un pomeriggio caldo ho assistito ad un dialogo tra un signore attempato e di bell'aspetto, che chiamerò A, e un altro, certamente molto più giovane, ma affabile e rispettoso, che chiamerò B.
Ecco il dialogo trascritto da una fantasiosa registrazione.

B) Amico caro (mentre si siede al tavolino) ti vedo crucciato e preso da mestizia. Il tuo sguardo basso e la tua fronte corrugata mi segnalano che sei avvolto in pensieri tristi

A) I miei pensiero non sono tristi. (Tono rassicurante) Sto semplicemente meditando sulla mia vita o meglio sui miei comportamenti nei confronti degli altri e sulle risposte ricevute.

B) Spiegati meglio, quello che dici è troppo vago e ti porta lontano in luoghi che io non posso raggiungere.

A) Ho una certa età (sorride toccandosi la fronte come per ritornare alla realtà) e come a tutti ti viene di fare bilanci soprattutto in quei frangenti quando la tua vita si asseta su nuove posizioni che ne rallentano il ritmo per tante evenienze, una malattia, un diverso lavoro, un importante incontro o addirittura mettersi semplicemente a riposo.

B) Vuoi dire che tu sei in questa situazioni e che avverti il gravare degli anni sulle tue spalle, pur se a guardarti sembri più giovane della tua età.

A) Ti ringrazio, ma non adularmi sono sufficientemente cosciente della mia età. Non mi pesa. Anzi ne colgo gli aspetti positivi per il piacere di godere di una certa lentezza. Anche se, però, devo dirti, che vorrei che in particolari momenti ci fosse più vigore a disposizione nell'immediato, invece di un ritmo più disteso (sorride maliziosamente)

B) Ti avvii dunque sulla strada della saggezza.

A) Sarebbe bello. La saggezza è una meta per pochi. Anche se un po' di sforza in tal senso cerco di farlo.

B) In che modo si può essere saggio?

A) Difficile a dirsi (respira profondamente abbozzando un sorriso affettuoso verso una domanda così ingenua ma complicata alla stesso tempo).
La saggezza è difficile da definirsi. Dovrebbe essere qualcosa inerente al propria modo di essere.

B) Ma se non si può dire come si fa a riconoscere un saggio allora? Se io non so in cosa consiste la saggezza allora come faccio a distinguere ciò che è saggio da ciò che non lo è?

A) Tanti filosofi, per esempio, hanno ritenuto non solo importante occuparsi della conoscenza ma che essa dovesse essere strettamente legata ad un giusto modo di vivere. Vedi avendo detto "giusto modo di vivere" vuol dire che è qualcosa che riguarda il nostro atteggiamento e come ci posizioniamo nel mondo e nei confronti degli altri.

B) Quindi amico caro siamo - come dire - in una dimensione a mezza strada tra conoscenza ed esistenza.

A) Si, in un qualche modo. Certo che chi crede in un Dio pur se deve commisurarsi con qualcosa di arduo, ha una fonte, una parola, a cui riferirsi per trovare conforto in lui. Più difficile per chi affronta la vita senza certezza assoluta.

B) Allora la maggior parte degli esseri umani, visto che segue qualche religione é saggia?

A) Non proprio (ricompare un piccolo sorriso di tenerezza per l'ingenuità manifestata) in questo caso spesso può mancare la consapevolezza, si tratta di un semplice adeguarsi ad una tradizione o a delle convenzioni senza avere la capacità di soppesarle.

B) Ma a te qual è il tipo di saggio che maggiormente ti interessa.

A) Ce ne sono tanti di filosofi antichi, moderni e contemporanei che hanno parlato della saggezza o sono stati dei saggi, in questo momento ho più presente, ma per un vago riferimento teorico, Aristotele. Conosci Aristotele?

B) Si grande filosofo greco del IV secolo a.c.

A) Anche se …

B) Anche se? Cosa non ti convince?

A) Pensavo che la saggezza si accompagna sempre con l'esempio. Infatti Saggio si diventa e la saggezza si pratica, non basta il semplice pensiero.

B) Infatti in genere si dice quello/a è saggio/a oppure si comporta saggiamente, il che vale anche per l'espressione "ha saggezza".

A) In effetti se ci pensi la saggezza non è un'idea, con le istruzioni per essere un saggio. Non c'è un modello da copiare. Ci possono essere maestri. Maestri nel senso, per me, che non vogliono imporre il loro modo di essere, ma che sono in grado di consigliarti o ispirarti. Non si pongono mai come modello, non dicono mai fai come me o copia me.

B) Il saggio è saggio anche perché non si pone come maestro. Interessante!

A) Si interessante. Ci sono anche saggi che insegnano, che costruiscono famiglie di adepti che seguono il suo insegnamento o ciò che egli ha scritto o fatto. Ma non è questo che conta. Un vero saggio sa che il percorso della saggezza è un qualcosa che bisogna percorrere.

B) Mi sembra un po' tautologico, faticoso e un tantino utopico.

A) Ritorniamo ad Aristotele che parla delle virtù. Ora come puoi intuire le virtù appartengono alla sfera dell'etica. Sono le virtù che "guidano" i nostri comportamenti. Aristotele a proposito della felicità diceva che solo il filosofo può raggiungere la felicità, che è data dalla contemplazione teoretica. Divideva le virtù in due famiglia: le dianoetiche, che riguardano la capacità di staccarsi dagli affanni e dalle passioni terreni e donarsi completamente alla conoscenza in modo disinteressato. E poi ci sono le virtù che riguardano il nostro modo di atteggiarci nei confronti dell'esistenza in comune. Aristotele le chiama "virtù etiche", che ci danno la possibilità di condurre una "vita buona" all'interno della polis (città). Tra le virtù dianoetiche il nostro filosofo pone la saggezza, la chiama phrònesis, che letteralmente traduciamo in "prudenza". Essa lega la ragione alle virtù etiche. 

B) Non so perché ma mi sembra che stiamo scivolando verso il conformismo.

A) Si può correre il rischio. Ci sono da precisare un paio di cose. La saggezza abbiamo detto appartiene alle virtù dianoetiche. Quindi lo stagirita (così è chiamati Aristotele per la sua città di nascita, Stagira) ci dice che non dobbiamo mai perdere il lume della ragione, che ci permette di seguire la via della verità, che per me personalmente risulta molto difficile da raggiungere. Dall'altro lato le virtù non sono frutti che possono essere prese spontaneamente in un giardino a nostra disposizione. Esse vanno coltivate. Per Aristotele essere virtuoso significa un continuo esercizio, per cucire l' "abito" che ci caratterizza come singoli capaci di vivere in società. Lui dà anche una sorta di regola generale, parla di agire avendo come criterio il "giusto mezzo". Cioè bisogna cercare di dare sempre il giusto peso al nostro comportamento nelle varie circostanze. Per esempio un guerriro non deve mai eccedere nel suo eroismo perché a volte può essere controproducente per sé o per la causa. E chiaramente non può rispondere con la viltà. Il giusto comportamente sarà conseguenza di una valutazione della situazione per trovare il giusto mezzo, una sorta di equilibrio tra un eccesso e una mancanza.

B) Mi sembra una specie di algoritmo: se così allora fai X altrimenti fai Y

A) Non proprio non si tratta di un semplice calcolo. È frutto di conoscenza, esperienza, controllo di sé, consapevolezza. Ma tutto questo non lo si ha per intervento divino ma grazie al nostro continuo esercizio pratico nel misurarci con le situazioni.

B) Interessante. Ma difficile. Credo però che Aristotele non sia l'unico filosofo a cui si può fare riferimento.

A) Certo che no! Figurati potrei fare un lungo elenco. Alcuni possono risutare anche più affascinanti.

B) Ci credo. Per esempio …

A) Rimandiamo ad un'altra volta. Mi premeva dirti questo perché Aristotele si è occupato di amicizia ed era questa la fonte del cruccio nel quale mi hai trovato immerso quando ti sei seduto al tavolo qui con me per un caffè.

B) Amicizia parola inflazionata. La si usa anche su Facebook. (Di qui una grande risata di entrambi).

A) Già hai proprio ragione, per questo forse, ma non ne sono sicuro, si è un po' superficiale nei rapporti. Poi, lo si diceva prima, io ho una certa età e sono ancora contaminati da qualche residuo analogico.

B) Ma, al di là di questo il nostro cruccio non nasce forse perché noi pretendiamo molto dall'amicizia? (L'interrogativo resta sospeso per un po')

A) Forse. L'amicizia è per noi qualcosa d'importante, appartiene alla nostra capacità di stare in relazione con gli altri. Il nostro filosofo diceva che siamo animali sociali e naturalmente siamo portati a vivere insieme con gli altri. In più, per riprendere il discorso di sopra, l'amicizia è una forma importante di virtù.

B) Ma l'amicizia non si basa sulla simpatia spontanea? Infondo ci sono persone con cui ci piace stare di più con altre meno. Con te mi piace stare per esempio.
A) Grazie per la simpatia. E ricambio.
Si, questo che dici è vero anche se dobbiamo metterci una buona dose di affetto il che complica le cose e le rende anche più interessanti.

B) Eh si! Infatti gli amici vivono in uno scambio reciproco e continuo.

A) Ecco questo è un punto importante. Il nostro antico filosofo ci dice che vi sono varie forme di amicizia.

B) Infatti non siamo amici allo stesso modo con tutti.

A) Vero. Non è, comunque solo una questione d'intensità di rapporto. Aristotele dice che ci sono forme diverse di amicizia in base al tipo di rapporto che si stabilisce. Per cui alcune amicizie sono più virtuose altre meno.

B) Certo ci sono amici falsi, che ti sfruttano, o ci sono persone che si mostrano disponibili ma al momento opportuno scompaiono dalla circolazione. O stanno insieme solo per divertirsi.

A) Aristotele da un grande valore all'amicizia, la considera un bene necessario di cui non si può fare a meno. Infatti la solitudine, se imposta è brutta.
Devo dire, però, che Aristotele è un po' restrittivo in fatto di amicizie però. Ritiene che per forza di cose le amicizie fondate sul piacere e sull'utile sono più numerose mentre poche sono quelle sul bene, perchè pochi uomini risultano essere virtuosi (storce un pochino la bocca)
Poi dice anche che l'amicizia fondata sul piacere è tipica dei giovani, mentre quella fondata sull'utile è proprio dei mercanti. La migliore amicizia, quella fondata sul bene, è tipica degli uomini virtuosi.
In fondo, a pesarci bene, è anche un po' esclusivista (la voce si fa un po' stridula). Infatti ritiene che con poche persone si può trascorrere la vita in comune. Chi ha la pretesa di essere amici di tutti rivela invece la sua mancanza di amicizia nei confronti degli altri. Immagina questo cosa vuol dire in epoca di social (sorriso da faccina smile)

B) mi sembra che ci sia dietro un idea un po' aristocratica di amicizia

A) Un po' si. Bisogna tenere presente i tempi e il dove Aristotele diceva queste cose. Siamo nella Grecia del IV secolo a.c., dove esisteva ancora la schiavitù e le donne erano relegato nella casa. Solo gli uomini vivevano la socialità e la politica.

B) Ma detto questo non mi sembra che ci sia una grande differenza tra noi e Aristotele.

A) Sembra ma non dobbiamo dimenticarci che noi siamo attraversati anche dal cristianesimo.

B) Non capisco. (Con la fronte crucciata e il tono sull'ironico) Ho l'impressione che la stai facendo più complicata del necessario.

A) Sarà ma per completare il discorso di Aristotele. (Ci aggiunge un po' di enfasi)
L'uomo virtuoso ama se stesso, l'amicizia per il prossimo affonda le proprie radici nell'amore che si ha per sè. L'amico viene considerato un altro se stesso, e vengono a lui estesi i sentimenti di amore che si hanno per sè. L'uomo virtuoso gioisce nel contemplare la virtù dell'amico, perchè la sente come propria. Gli uomini cattivi invece non sono amici di se stessi, e quindi non possono provare amicizia per nessun altro. I cattivi cercano di trascorrere del tempo con altre persone solo per fuggire da se stessi: se rimangono soli sono tormentati dal ricordo dei loro crimini passati e di quelli che faranno.

B) insomma (con tono sbrigativo) Aristotele sembra restringere molto il campo.

A) Sembra proprio di si. Però cerchiamo di vedere cosa può interessarci e cosa dobbiamo superare o "ampliare" del suo discorso.

B) Sono curioso. Mi sembrava che le cose fin qui andassero lisce.

A) Diciamo subito che Aristotele pone a base del rapporto tra gli esseri umani la filia (amicizia). Immagina quanto possa essere importante se affermiamo che alla base della società c'è l'amicizia e non l'inimicizia. Certo l'amicizia è una virtù e come tale va coltivata. E nella relazione che stabilisce implica una forma di reciprocità su cui torneremo.

B) Fin qui ci sono, però non ho capito il cristianesimo

C) Il cristianesimo mette in crisi la ristrettezza del significato di filia di Aristotele perché esso proclama un amore più universale. Non solo per quelli che sono simili a noi, che tendono a coltivare le nostre stesse virtù. Ma anche per chi è diverso da noi.

B) Capisco (con gli occhi sgranati e tono meravigliato) quindi una "amicizia" ancora più disinteressata, che in definitiva pone l'alterità in primo piano!

A) Ecco proprio questo che "complica", come puoi vedere, il rapporto amico-nemico e l'idea di una convivenza tra gli essere umani. Pensa all'introduzione dell'idea di uguaglianza che introduce il cristianesimo e quali "complicazioni" può portare questo dal punto di vista sociale.

B) Si però adesso abbiamo allargato molto il campo (le braccia sottolineano il concetto). Ritorniamo a noi. C'è una cosa che mi interessa e riguarda il rapporto di reciprocità, che ritengo essenziale per coltivare un rapporto amicale.

A) Punto delicato, bisogna stare attenti però a non scivolare, come dice Aristotele, nella brutta amicizia quella unicamente basata sull'utile o sul piacere. Il cristianesimo, supera il problema, parlando di gratuità. Dare senza pretesa di ricevere. Cosa molto interessante ma qui siamo alla presenza di una dimensione che sconfina nell'assoluto.

B) E certamente non si può chiedere a tutti di seguire il Vangelo.

A) tralasciamo allora la sfera teologica e rivolgiamoci all'antropologia.

B) In che senso. Mi stai confondendo le idee (un po' sconfortato)

A) Confesso. Un po' lo sto facendo apposta (sorriso bonario). E che anch'io ritengo che l'elemento della reciprocità sia importante perché ha a che fare con le relazioni, che sono alla base del rapporto con gli altri. Pensa al dono.

B) Dono nel senso di quando si regala un qualcosa?

A) Non proprio. Pensavo all'idea del dono come studiato da alcuni antropologi tra i nativi americani della costa nordoccidentale del Pacifico e nelle isole Trobriand Essi hanno constatato come le relazioni sociali si strutturano, come indicano alcune pratiche del dono e di scambio simbolico, su obblighi di reciprocità fuori dalla semplice funzione utilitaristica.

B) E con questo cosa vuoi dire?

A) Voglio dire che noi oggi viviamo troppo schiacciati sull'utilitarismo, sulle convenienze soggettive, sui beni economici.

B) (Incalzante) E questo cosa c'entra con l'amicizia?

A) Ho l'impressione che anche l'amicizia fugge, se vogliamo dirla così, da Aristotele e dal Cristianesimo.

B) Spiegati meglio. Illuminami (con ironia)

A) Spero che tu possa intuire subito, altrimenti il discorso si farebbe troppo lungo. Detto in modo semplice e immediato ritengo che oggi, nella nostra società, cresca la tendenza verso il narcisismo e l'egoismo, almeno nella sua macro dimensione, che condiziona i rapporti umani. Non voglio dire che questo determini quali devono essere i rapporti di amicizia, certamente li condiziona direttamente o indirettamente.

B) Non capisco. Ma l'amicizia non si basa anche su una scelta con chi si vuole essere amico/a?

A) Certo. Possiamo immaginare però anche tutti gli impedimenti alla stessa amicizia. Ti faccio alcuni esempi: la mancanza di tempo per frequentarsi, la mobilità della vita che ci porta a cambiare luogo di lavoro e vita in continuazione, la competizione diffusa e incentivata dalla società capitalistica, la precarietà lavorativa ed esistenziale che mantiene nell'incertezza la l'esistenza, in particolare dei giovani, creando sfiducia negli altri, ecc.

B) Capisco la sociologia ma qui abbiamo parlato di saggezza, amicizia in termini filosofici ora mi piacerebbe sapere tutto questo cosa c'entra con te.

A) Vedi caro amico mio (il tono di voce si fa più intimo) prima che tu arrivassi mi sono messo a scrollare su Facebook, in cui vi sono tanti profili di persone mie amiche (non solo di Facebook) con cui abbiamo condiviso tante cose …

B) Perché questo avrebbe dovuto farti pensare tanto?

A) Ho visto che alcuni di queste hanno intrapreso progetti importanti in alcune attività, di cui sono diventati competenti. Sono persone a cui ho messo a d'esposizione per amicizia gratuitamente le mie competenze, la mia disponibilità anche economica e il mio tempo.

B) Ebbene (incalzando) cosa cerchi? Ti aspettavi qualcosa?

A) Ecco è proprio questo il dilemma. Mi sono chiesto come mai non sia stato coinvolto in nessun loro progetto, mentre loro sono stati presenti in quelli di cui io ero il promotore e il responsabile? Se dovessi fare un mero calcolo ragionieristico direi che in cambio ho ricevuto meno di quanto dato.

A) Quindi ritieni che ci sia stato un deficit di riconoscenza e reciprocità nei tuoi riguardi ?

A) Forse. Ora capisci il mio cruccio è cioè quanto debba io essere saggio perché ciò non mi sia di sconforto. E ti assicuro che non lo è. Spero che il messaggio ti sia arrivato.

B) Certo ho capito (quasi).

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