Superati i primi minuti in cui può affacciarsi la lacrimuccia per la nostalgia, il docfilm di Mario Martone , Laggiù Qualcuno Mi Ama (Medusa Film) su Massimo Troisi è un bell'omaggio ricco di affetto, pieno di stima e ammirazione per un cineasta, attore e regista, che è scomparso prematuramente ma che sta saldamente nel cuore e la memoria di tanti italiani.
La vita artistica di Troisi incomincia a prendere forma in particolare tra gli anni 70/80 del novecento, durante i quali tante personalità della cultura, delle arti, dello spettacolo e della musica, si muovevano per "riscattare" Napoli, imprigionata entro pregiudizi ed emarginazione (e auto emarginazione), riflessa solo attraverso la stereotipata immagine di canzoni, pizza e mandolino. Persino "contro", i totem del mondo culturale tradizionale napoletano, incastrati entro una dimensione provinciale e caricaturale per poterli "rigenerare" ed universalizzarli entro una inquieta contemporaneità. Insomma quei momenti che hanno implicato anche lo stesso Martone a portare la cultura napoletana a confrontarsi con le forme della contemporaneità che andavano dall'avanguardia teatrale, alla elaborazione di un cultura popolare che ribaltava l'idea folklorica e oleografica della città e del popolo napoletano. Da un'ispirazione politica che guardava al riscatto e alla trasformazione di una città come Napoli emblema delle contraddizioni della modernità, che mostrava, però, una enorme ricchezza di potenzialità inespresse o sottaciute.
Si affacciava alla ribalta una generazione che aveva vissuto il furore di grande trasformazioni nella vita individuale e collettiva, nei costumi e nella politica ponendo anche grandi interrogativi sul futuro.
Il docfilm segue l'evolversi della vita di Troisi, privilegiando un doppio punto di vista intimo e nello stesso tempo critico. Martone esplora da regista il modo di essere artista e filmeker di un altro regista. Ne evidenzia le peculiarità culturali, artistiche, tecniche, soprattutto la sensibilità creativa e umana di un "intellettuale" a tutto tondo.
Dá vita ad un film sul cinema, allargando lo sguardo su molti aspetti della figura di Troisi, che con le sue peculiarità e originalità, ha segnato e influenzato il cinema tout court. Un cinema che ha cercato di cogliere le contraddizioni del suo tempo attraverso lo sguardo di una generazione che tra rabbia e fragilità ha percorso nuove vie e messo in atto nuovi modi di rapportarsi ad un mondo che mutava velocemente.
Troisi ha espresso un punto di vista di grande originalità attraverso un'arte autoriale, attoriale e registica che ha puntato a decostruire luoghi comuni, per immergersi entro una dimensione esistenziale fatta di fragilità, tic, ironie tra disincanti e utopie.
Una realtà profondamente vera e sentita, da rendere immediatamente Troisi uno dei protagonisti più amati dello spettacolo italiano.
Martone, insieme alla Pavagnani che è stata compagna e collaboratrice di Troisi, ha ripercorso la vita artistica di Troisi per mettere in evidenza la sua bravura e genialità e quanto siano stati importanti i suoi fedeli compagni di viaggio, tra cui in particolare Lello Arena, Roberto Benigni, Pino Daniele e registi come Ettore Scola che ne hanno sancito la grandezza artistico-professionale.
Soprattutto Martone, coadiuvato da altri registi (Sorrentino) e studiosi che hanno conosciuto e amato Troisi ne mette in evidenza le grandi qualità registiche, le novità che ha introdotto nel mondo dello spettacolo e del cinema. Ne sottolinea le qualità e originalità, accostandolo alla Nouvelle Vague francese, a Truffaut in particolare.
Riesce insomma a rendere un Troisi tutt'altro che ingenuo e naif come cineasta, che al contrario si confronta e s'impossessa di forme e linguaggi molto innovativi, riportati entro una dimensione immaginativa ed esistenziale molto personale.
L'aspetto più significativo è che l'afasia, l'impaccio gestuale, l'asincronicità temporale, elementi che connotano i suoi personaggi e l'andamento dei suoi film, si rivelano elementi di "scarto" rispetto alla normalità per lasciare emergere le diversità comportamentali ed esistenziali che mettevano a dura prova forme di normalità prestabilite. Così come le incertezze e oscillazioni dei personaggi dei suoi film, rivelavano una condizione esistenziale che si confrontava con un mondo in trasformazione non privo di ansie e angosce, con un orizzonte del futuro ancora non definito. Incertezza e fragilità che si vestivano ossimoricamente di malinconica ironia, apparentemente in modo impacciato e scomposto, soprattutto nel confronto con l'alterità femminile, l'amore rincorso e mai raggiunto, la complessità della vita così come si manifesta nella relazione con l'alterità, di cui si riesce ad afferrare solo in parte la consistenza e la cui soggettività rivela i limiti e le fragilità della nostra.
Ma la bellezza sta proprio nel ritratto di Troisi che ne viene fuori, tratteggiato da appunti e pagine di diario inediti, in cui sono riportati aspetti di vita in simbiosi a tratti di cinema. Emerge una personalità di grande portata intellettuale ed umana, che di fronte alla propria genialità si scherniva ironicamente e pudicamente per non esagerare nei confronti con i cosiddetti maestri.
Il cuore di Troisi non ha mai funzionato in modo adeguato, fino a condurlo alla morte. Il suo incerto battito con le sue fragilità e aritmie può essere preso a metafora per comprendere Troisi nelle sue afasie, gestualità impacciata, i ritmi sfasati, che sono i modi di essere di un'esistenza che ha avuto la capacità di riportare la vita con tutte le sue fragilità nel cinema con il tocco della grande ironia, cioè della vera poesia, che in fondo è l'aspetto più originale e caratteristico della sua nouvelle vague.
#FSREC99
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