> Ecco una mia estemporanea riflessione che cerca d'interpretare alcuni aspetti della discussione pro o contro gli ecologisti estremi che usano imbrattare, con prodotti rimovibili, "opere d'arte" e "beni storici e artistici" come forma della loro protesta ecologica.
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> Sull'onda dell'eccesso di severità punitiva adottata dal governo nei confronti di chi deturpa i monumenti e i beni artistici e storici, si è aperta una forte discussione, che come al solito presenta vari risvolti e prese di posizioni.
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> Tralascio la mia contrarietà a questo governo e alla sua politica ideologico e securitaria, che sta diventando sempre più evidente confinando i problemi sociali e le "manifestazioni di contestazione" a questione di solo ordine pubblico. Aspetto questo, che in tale vicenda sembra non essere colto. La reazione governativa, è segno di un potere che tenta da una parte di mascherare il disagio sociale con la retorica (si veda la questione reddito di cittadinanza a cui si contrappone una fantomatica società del lavoro senza parlare delle difficoltà del lavoro) e dall'altra di anticipare con la minaccia potenziali rivolte (vedi cosa succede in Francia o è successo in Spagna).
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> Si risponde di riflesso che tali gesti (l'imbrattamento dei monumenti) mettono a rischio il nostro patrimonio culturale. Per i più reazionari sarebbe addirittura messo a rischio il senso profondo della nostra nazione.
> Un fondo di verità c'è, perché in effetti i rischi che si corrono sono tanti, come sono palesi i contraccolpi comunicativi che favoriscono reazioni negative dell'opinioni pubblica. Questo aprirebbe una riflessione sull'efficacia comunicativa di tali gesti pur condividendo le motivazioni di fondo.
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> Ecco a questo punto voglio cercare di capire se sia solo questo il piano di significazione che bisogna tenere presente. Se non bisogna esplorare altri piani semantici che entrano in gioco, esprimendo chiaramente le mie critiche e la mia posizione.
> Mi interessa comprendere quali "significati" l'atto di "sporcare" o "deturpare" un monumento può veicolare, e se esso assume valore rispetto ad eventuali finalità "politiche".
> Quindi se ci riferiamo al piano semiotico, bisogna ricercare quale rapporto si stabilisce tra il lato del significante e quello del significato. Il che presuppone che si abbia a che fare con linguaggi che operano all'interno di contesti, senza escludere i piani interpretativi dei vari soggetti, che fanno riferimenti a modi di essere e linguaggi che possono essere lontani tra loro.
> Analizziamo la duplice traiettoria che abbiamo difronte.
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> Prima traiettoria.
> Esiste una ingiunzione che dice i "monumenti" non si toccano perche essi hanno un significato documentale, storico e sono espressioni simboliche e artistiche con un intrinseco valore inestimabile. Sono estremamente fragili e se distrutti o danneggiati è una perdita per l'umanità. Non a caso questa idea è confermata paradossalmente anche nei fenomeni iconoclastici che si verificano durante guerre civili, dinastiche, o religiosi, nei confronti dei simboli che si ritengono appartenere agli avversari, che devono essere cancellati dalla storia e condannati all'oblio.
> Tale visione può essere comune, pur se con valori diversa, sia a chi crede nel progresso per i quali abbiamo a che fare con testimonianze, che attestano il camminare dell'umanità, della costruzione di una civiltà in fieri. Sia da chi ritiene che il passato, in un cammino a ritroso, rivolge il suo sguardo ad un origine che si conferma in una tradizione che ha una visione regressiva rispetto al tempo.
> Dunque siamo difronte a due concezioni del tempo, che fungono da traiettorie esistenziali e storiche.
> Il monumento e, per alcuni aspetti, l'opera d'arte manifestano la civiltà a cui si appartiene e ne esprimono l'essenza.
> L'opera d'arte, oggi, in senso più generale, se pure con le tante discussioni, tenta a conservare la sua "aura", di autenticità e singolarità, ed essere luogo privilegiato dell'espressione pur essendo in piena "epoca di riproducibilità tecnica". Per molti versi è espressione di resistenza rispetto ad un presente, che priva l'esistenza del simbolico.
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> Ho fatto riferimento al tempo perché è il suo vissuto che connota la nostra dimensione esistenziale. Infatti "il mio pormi" è sempre nella tensione tra presente, passato e futuro. Sembra, dunque, che se tale tensione temporale si spezzi il quadro tracciato precedentemente s'incrina e l'orizzonte di riferimento si offusca.
> Infatti, se nella tensione tra passato presente e futuro, il futuro viene meno è intuibile che si apra una interrogazione sul senso rispetto al passato e al presente.
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> Nel prendere in considerazione l'altra traiettoria (quella degli imbrattatori), secondo me, bisogna tenere presente questa frattura temporale.
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> Infondo lo sporcare un monumento è espressione di un gesto.
> Un gesto già di per sé difficilmente ha una sola referenza o un unico significato. È performativo, e nello stesso tempo soggetto a possibili interpretazioni.
> Nell'arte contemporanea, per esempio, molti gesti hanno avuto il senso della beffa verso la bellezza codificata, o la forma canonica artistica, si pensi ai baffi della Gioconda di Duchamp, gioco, o divertssemant che contesta un passato, o un'idea rappresentativa di bellezza banalizzata. L'arte performativa ha voluto superare la frattura tra arte e artista, facendo la vita arte e l'arte la vita. Qui il tempo è l'istante presente che si apre alle potenzialità creative del futuro.
> Certo siamo sempre entro il mondo dell'arte, entro un mondo che opera in se stesso verso molteplici traiettorie.
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> Per scendere dal piedistallo, si osservi come la "bellezza" oggi sia molto decantata e "pubblicizzata" dal marketing di una nazione che ha bisogno di esportare il made italy, o dove i beni culturali sono ormai location per tour turistici.
> Forse se usciamo fuori dal discorso dell'arte in senso stretto possiamo constatare un'altra cosa che assume un significato ancora più radicale e drammatico. Un interrogativo sulla catastrofe del futuro imminente, nel senso autentico di una totale e assoluta negazione del futuro.
> È evidente che di fronte a un tale esito si frantumano e vengono meno la tensione temporale, le aspettativa rispetto ad un tempo entropico, che mette a repentaglio ogni desiderabile possible esistenza.
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> Ecco io penso, che tali gesti derivano da questa prospettiva e che si fanno critica assoluta nei confronti di chi crede di edificare, o giustificare la "propria storia" rispetto all'inettitudine colpevole di una catastrofe, mentre di fronte a cui il "conservare", "esaltare", il magnificare ciò che si ritiene insostituibile, unico, significativo è destinato alla "distruzione" dal punto di vista simbolico, se ridotta al consumo, o dall'incuria, nonostante l'ipocrita esaltazione (per esempio i fondi per i beni culturali, storici e artisti diminuiscono) ma ancora di più, difronte ad una catastrofe ecologica sempre più irreversibile.
> Il gesto dunque come surplus di significato che sfida ogni forma di rappresentazione consolatoria, "colpendo" proprio dove si tiene di più, per segnare e indicare l'annientamento verso cui si va incontro.
> Una sorta di provocazione/scandalo, un épater la bourgeoisie anarcoide, melanconico e disperato.
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> Questo, a mio avviso rappresenta un limite, esprime incapacità ad articolare un discorso. È un gesto che rimanda a se stesso. Marca una incomprensione che, però, dal piano degli ideali non si traduce in politica.
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> Certo il volto della politica egemone non fa che confermare l'esito nichilistico. Ma non è proprio il nichilismo che bisogna combattere con un eccesso di vita, che infrange le scorze del reale? Non sto invocando una sorte di vitalismo irrazionale. Sto sottolineando, in modo critico, un atteggiamento, che ancora è balbuziente, che tenta a forme di puro e tragico idealismo, magari carico di buone intenzioni, ma non ancora capace di farsi politica, come capacità di costruire percorsi di lotta in comune.
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> Paradossalmente il gesto resta, ingenuamente, gesto "artistico" incapace ancora di farsi reale prassi.
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