A proposito della ristrutturazione del teatro Francesco Stabile di Potenza. Una mia riflessione.
La ristrutturazione del teatro Francesco Stabile di Potenza è entrata nel vivo della discussione in attesa degli inizi lavori, che prevedono un finanziamento di circa 700mila euri e che secondo le previsioni dovrebbero completarsi entro 6/7 mesi. Si deve sperare, però, che i tempi e i costi non lievitino, come capita di frequente per problemi "insorgenti" durante il corso dei lavori.
Ci si deve augurare, invece, che la cosa si risolvi nei tempi assegnati, perché la chiusura del teatro limita e mette molto in difficoltà l'operato di chi organizza seriamente e a proprio rischio il teatro in questa città e non si limita a pure speculazioni filosofiche o storiche.
Mi permetto di fare alcune considerazioni sul futuro del teatro, rispetto al nodo fondamentale del ruolo culturale che esso deve svolgere o dovrà svolgere per la città. Lo si deve pensare essenzialmente come luogo privilegiato per le arti performative, termine attuale che si usa per non chiudere in etichettature superate e ottocentesche l'idea di teatro e danza, in riferimento all'evoluzione e agli incroci di linguaggi che queste arti hanno avuto nel corso del tempo, così come si manifestano e si sviluppano nel teatro contemporaneo.
Questo mi permette di fare qualche annotazione su alcune considerazioni che si sentono in giro, le quali utilizzano l'aggettivo "storico" come passepartout estetico-culturale, per giustificare più che altro mitologie e banali schematismi rispetto invece alla complessità e dinamicità delle arti contemporanee, che grazie anche ai nuovi sviluppi tecnico-scientifici e intermediali continuano ad evolvere con grandi aperture creative.
L'altro luogo comune, con risvolti pericolosi, riguarda il legare il campo di produzione teatrale e artistico a parametri meramente quantitativi ed economici.
L'arte è legato più al senso dell'esistenza che gli individui vivono in relazione entro una dimensione sociale ricca di articolazioni e sfumature, che vanno oltre la sola funzione economica.
L'altro equivoco, anche qui di carattere culturale ed ideologico, è il riferirsi a identità sostanziali verso cui celebrare forme di autorrapresentazioni. Al di là del rischio di astrazione che ciò comporta, si pensi a come, sulla scorta di tali idee, si possa dare adito a comportamenti escludenti e discriminatori.
Oltre questo, che sottolinea l'aspetto più rischioso di tali discorsi, bisogna tenere conto che le identità mutano, si ibridano e si costruiscono nel corso del tempo soprattutto guardando al futuro.
Potenza tra gli anni 70 e 90 è stato in Italia uno delle città (diciamo di provincia) che in assoluto ha avuto una forte frequentazione teatrale e in cui il teatro contemporaneo (come sopra indicato) si è maggiormente espresso e ha avuto una sviluppo importante entro una circuitazione nazionale ed internazionale. Inoltre si sono realizzate significative asperienza di associazioni tra comuni e vari enti per permettere una circuitazione e diffusione teatrale su un ampio territorio regionale.
La realtà oggi è più sfumata ma non assente di esperienze artistiche e teatrale di una certa significanza, che nonostante una discreta, se pur limitata legge regionale, e i finanziamenti ministeriali, stentano a sopravvivere e crescere, soprattutto in presenza della crisi, che sistematicamente incide sulla cultura, vista da chi governa come un fattore secondario o di semplice servizio propagandistico o mero fiore all'occhiello da sfoggiare in particolari circostanze. Dall'altro lato ogni qualvolta si affrontano questi temi la cultura e, in modo particolare, le arti performative sono immediatamente schiacciate sul turismo, sottraendo ad esse la loro caratteristica di libera creatività e ricerca. Si vede l'assoluta assenza a livello regionale della presenza di questi temi nella discussione nell'ambito della definizione dei piani per il Pnrr.
Questa premessa mi serve a prospettare alcune idea-considerazioni per la gestione futura del teatro sintetizzate in tre punti.
Primo. L'idea di base è che il teatro F. Stabile sia essenzialmente destinato al teatro e alle arti performative. Senza deviare dalla sua funzione fondamentale con idee museali o di altro tipo che correrebbero il rischio di sovraffollare i contenuti e le funzioni.
Un aspetto negativo nel corso degli anni è stato quello di renderlo un contenitore insapore entro cui svolgere ogni disperata forma di attività, privandolo di una coerenza d'immagine e svilendo il valore storico, architettonico e culturale del luogo. Il teatro prima di tutto.
Secondo. Affidarne la gestione a gente che sa di teatro (magari lo frequenta, lo conosce, lo fa). Certo c'è necessità di una struttura amministrativa. Sulle modalità, fondazione o altro, si può discutere ma in preliminare l'unica cosa che non bisogna fare e costruire para enti comunali in cui la politica pensi di sistemare uomini o esercitare fette di potere clientelare come d'altronde già sta facendo.
L'idea della fondazione ha un senso se riesce ad essere garante della qualità gestionale, dell'offerta culturale promovendo le realtà presenti, che mostrano serietà e qualità, senza ridursi a spaccio di mediazioni politiche e coltivazione di sottobosco.
Terzo. Una mia utopica proposta é quella di costruire un "consorzio" di soggetti operanti nel mondo teatrale potentino e regionale che si assuma il compito di garantire una serie di attività di carattere produttivo e rappresentativo di qualità, che abbia proprio nel teatro Stabile un punto di riferimento stabile.
Tale desiderio nasce dal rischio che tutto si riduca a sola celebrazione culturale, privilegiando il noto, il televisivo, la celebrità, o il cosiddetto classico, termine privo di senso quando, come succede spesso, serve a mascherare profonda ignoranza.
Io credo che sono proprio le forze vive che lavorano in questo mondo e ne fanno esperienza diretta, che possano mantenere viva una cultura in continuo sviluppo e trasformazione. Credo anche che, se ben individuati, artisti e operatori di questo mondo presenti in città e in regione possano essere punto importante di riferimento per sviluppare esperienze innovative e un rapporto con realtà significative dell'europa e del mondo. Questo non evita assolutamente la possibilità della presenza anche di personalità riconosciute a livello nazionale e internazionale nel mondo del teatro e delle arti performative.
Un modello può essere la Biennale di Venezia, che, per esempio nel teatro, da tempo individua nella conduzione artistica esperienze di prestigio, presenti sulla scena produttiva e creativa.
Le due entità "fondazione" e "consorzio" (tra virgolette perché ancora non so dare una caratteristica giuridica, societaria o associativa) potrebbero agire in accordo, rafforzandosi reciprocamente e rispettando le relative autonomie.
In questo modo si concentrerebbero gli sforzi e si garantirebbe un uso continuato del teatro nelle sue varie funzioni.
Purtroppo quello che vedo in giro - e qui si che viene fuori il negativo della provincia (che al contrario ha grandi energie e potenzialità) - è la volontà di rifondare il paludato e formale mondo di una parte della borghesia cittadina, più propensa alle apparenza, ai privilegi e al sottobosco politico, che ha contribuito alla chiusura culturale e al degrado sociale della città.
La cultura è libertà, creatività, spirito critico e paradossalmente il suo intento non è di creare benefici sociali ed economici. Il bello sta in un paradosso, sta proprio nel fatto che se la cultura è ben fatta e vissuta, senza timore del confronto e il coraggio del rischio, la città nel tempo ne guadagnerà in benessere e beneficio economico entro una comunità più propensa alla partecipazione civile e sociale.
Il trucco sta nel pensare essenzialmente ai cittadini, che abitano la città senza considerarli paternalisticamente e populisticamente come rinchiusi in abitudini e consuetudini immodificabili. Così come non bisogna lasciarsi trascinare da mitiche e taumaturgiche visioni turistiche che vedono la cultura e il teatro come funzionali all'intrattenimento, al folklore, alla "bellezza" spettacolare e appariscente.
Uno dei problemi che può sorgere nel rapporto tra città e cultura è di marcare ulteriormente la distanza tra chi può e che invece non può. Un altro fenomeno problematico, che accede sempre più spesso da evitare, riguarda ciò che, secondo una terminologie di moda, viene chiamata rigenerazione urbana, che invece di gratificare gli abitanti, realizza forme di gentrificazione, che affaticano invece l'esistenza di chi dovrebbe sopportare la vita quotidiana della città.
Quanto scritto in questo mio intervento trova una sua cornice di riferimento in ciò che ho detto in varie occasioni e che ho scritto all'interno del mio articolo "Potenza, il centro storico e San Tommaso" che si trova al link sotto.
http://basilicata1799.blogspot.com/2023/03/potenza-il-centro-storicoh-e-san-tommaso.html
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