Avanti o popolo
Questa non è una recensione ma l'espressione di un sentimento.
Ho visto il Sol dell'avvenire, l'ultimo film di Nanni Moretti e anche questa volta il regista mi ha lasciato interdetto, sospeso tra il dire e non dire.
Film carico di ricordi, delusioni e speranze mancate e di voglia di nuove impossibili illusioni.
In fondo la vena nichilista che lo caretterizza per la gran parte più che disperazione si traduce in un atto d'amore ed in una riflessione su un passato pieno di contraddizioni ed errori, che però non può essere gettato nel dimenticatoio per non abbandonare noi e questo paese nel baratro del nonsense e della bruttura sociale e politica, che sembra lordarlo.
È così, quando vedo un film di Nanni Moretti, non posso non rivivere pezzi della mia vita, ormai con un bel fardello alle spalle, ripercorrere sul filo della memoria la storia soggettiva e quella collettiva, il privato e il politico, mettendo in gioco i sentimenti personali e i contrasti della vita.
In fondo un film che fa i conti con un passato di rotture non fatte e di speranze infrante all'insegna di una bella storia d'amore.
E c'è chiaramente tutto l'immaginario di Moretti, che è essenzialmente filmico questa volta Fellini, i Fratelli Taviani, Cassavetes, Kieślowski ed altri, che entrano nel film per commentarlo, per confrontare modalità di rappresentare il mondo nella giusta tensione tra etica ed estetica.
Moretti fa un film che è metacinema, una riflessione sul cinema e su se stesso un po' melanconico e poco fiducioso su ciò che si vede in giro ed è anche, in parte, film testamento.
Un film leggero segnato da un'ariosa, ironica e tenera atmosfera, in cui, persino, il suo caratteristico autocitazionismo questa volta non disturba. Anzi rende Moretti, ormai anziano, meno astioso e più propenso ad ascoltare quasi in veste di saggio, nonostante che le sue fisime ed ossessioni siano tutte presenti e più che nevrosi ormai sono un gioco ironico sul proprio carattere e il rapporto con gli altri.
Si potrebbe dire un film dal sapore alla C'eravamo tanto amati, ma dall'atmosfera felliniana con tanto di circo, che riverbera il gioco della vita in una storia personale e collettiva piena di contraddizioni e sliding doors mancati.
Mi è piaciuto.
Rivolgo un invito soprattutto ai giovani, che forse non avranno ben presente i fatti, i personaggi e la storia di un grande partito il PCI, che ha fatto la storia dell'Italia. Forse verrà da sorridere perché tutto quello che è successo sembrerà assurdo rispetto al mondo di oggi, però, è anche il lascito morettiano, capire quanto quel partito fosse l'espressione di una grande idealità che coinvolgeva milioni di uomini e di donne alla ricerca di un mondo migliore.
In fondo lo stesso regista, rinuncia ad un finale "nichilista" e pessimista, che è la cifra del momento, la tonalità di vita più diffusa, per rifare la storia passata con i se e per dire che esiste ancora la possibilità di un futuro, se non è la solitudine e la disperazione a vincere.
Avvertenza a quelli come me. Qualche lacrimuccia si potrà affacciare, tra le ciglia di occhi, che ormai guardano lontano negli anni, ma con il cuore ancora aperto al futuro.
Bravo Nanni e almeno, personalmente, grazie.
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