Avevo promesso a Gianluca Caporaso di leggere il suo ultimo libro "Il signor conchiglia" (Salani,2023), che sta avendo grande successo ed è tra i candidato al premio Strega, in un momento giusto per dedicargli il tempo debito.
Con Gianluca ci conosciamo da tempo e fui uno dei primi a leggere il"manoscritto" di Puntevilla. E poi ci siamo incontrati per tante altre avventure intellettuali e culturali. Come il bel gioco di scambio di filastricche in occasione del suo "Tempo al tempo" mentre io stavo vivendo un momento molto particolare. Finalmente ho letto "Il signor conchiglia", qui riporto alcune mie annotazione che si soffermano solo su alcuni aspetti del libro senza pretesa di fare critica letteraria. Come ogni libro va letto prima di tutto, convinto che qualsiasi opera letteraria e artistica sia "in-narrabile". Io mi accontento di saggiarla per cogliere spunti di riflessione.
Caporaso è catalogato come uno scrittore per l'infanzia, nel senso che si rivolge (anche) all'infanzia con modalità linguistiche e immaginative che possono essere rispondenti a ragazzi e ragazze.
Si pone però sulla scia di alcuni scrittori del secondo novecento che hanno operato in modo audace una "apertura" linguistico-poetica cogliendo suggestioni e canoni provenienti da altri mondi espressivi. Questi miravano a destrutturare formule poetiche e narrative, contenuti banali, melensi e conformistici presenti nella tradizionale letteratura infantile, per elaborarne elementi ritmici, fonetici e "fantastici" collimando con i giochi linguistici, il mondo dell'assurdo e dei paradossi. È scontato il riferimento a Rodari, ma si possono fare richiami a Gatto, Zanzotto e tanti altri, che hanno prodotto testi di alta sensibilità formativa e grande qualità estetica.
Ho detto questo perché Caporaso, ormai esperto navigatore tra più piani espressivi, in questo testo in particolare, tenta di operare una stretta correlazione tra la narrativa e la poesia, attraverso un spostamento di piani, oscillando sulla linea di confine. Compie una operazione "trasformativa" della "forma poetica" e della "espressione narrativa". Quest'ultima prende materiale negli aspetti ritmici, fonetici che, attraverso il corpo, si esprimono nel "dire narrativo".
Detto in altri termini. È una scrittura che non può essere sciolta dal dire. Dire non significa declamare, verte verso la performatività, legata al momento della lettura poetica.
La forma gioca su un'ambiguità "palese". È tutta dentro "le regole" del verso, della ritmica e della fonetica. Ed è nel contempo una continua sfida, esplode dall'interno, produce immaginazione e relazioni.
La parola codificata, in tal modo, si apre all'alterità eveniente tramite il gioco performativo del dire. Dire ed essere si intrecciano nel manifestare il qui e l'altrove.
Il signor Conchiglia è un testo che prende spunto da una vicenda che ha lasciato traccia nella memoria collettiva come esempio della tragedia dell'umanità in cui i bambini sono tra le vittime più innocenti delle guerre e delle emigrazioni, fenomeni che oggi più che mai segnano del dislivello e dell'ingiustizia del nostro mondo. A partire da questa vicenda tratta dalla cruda realtà, profondamente simbolica e umana, Caporaso costruisce un "mondo di parole" per oltrepassare la realtà senza negarla, alla ricerca di risvolti inediti. Intesse una trama di sentimenti, giochi di parole, slittamenti fantastici ricamando un disegno, una raffinata raffigurazione mito - poetica.
Ma a cosa serve la parola? La parola, si dice, serve a dire le cose. Si potrebbe ribadire ma le coso non possono dirsi da sole senza le parole?
Attraverso queste domande e risposte si manifestano i limiti del linguaggio e nello stesso tempo la sua necessità.
Senza le parole le cose sarebbero mute e prive di legame. Sono proprio le parole, in quanto concave, insature, che rinviano ad altro e e cercano legami tra loro per bordare il tutto che ci comprende. Questo è il gioco del racconto, costruire narrazioni che non hanno fine, perché il mondo a cui le parole si riferiscono muta al mutare del tempo e degli eventi. La narrazione stessa ne favorisce le metamorfosi. Questo, dall'altro lato, è anche il gioco della poesia che dà alle parole la possibilità di mutarsi in altro, o andare oltre ciò che dicono.
E' quanto avviene nella meraviglia che è tipica dell'infanzia, in cui la parola oscilla tra le cose del mondo, un mondo inafferrabile, che però necessita di trame, di racconti per essere compreso e vissuto.
Caporaso si pone entro tale campo linguistico espressivo. Il libro si immerge in un mondo liquido, trans-formato dalle parole che sono gioco di continue metamorfosi. Sullo sfondo compare il racconto mitico, come archetipo di tutti racconti. Ma cosa cercavano di raccontare i miti cosmici se non la pasta di cui era fatto il tutto del mondo? Nel racconto si transita tra i quattro elementi cosmici (acqua, terra, aria, fuoco) nella dimensione del viaggio degli antichi eroi. Nell'incontro e nello scontro che costoro avevano con essi, o con i loro avatar. Ulisse è il primo e originario profugo costretto a vagare per il mondo spinto dalle avversità degli elementi.
Il Signor conchiglia (questo bambino dai molteplici nomi e figure) attraversa questi mondi cercando di ricongiungerli, nel tentativo di superare i conflitti e le catastrofiche contrapposizioni.
Attraversa i vari mondi naturali e umani, incontrando figure ibride, vivendo in simbiosi con mondi reali e fantastici, umani e non umani, si fa trait d'union perché ciò che è conflitto, segnato dalla separazione possa trovare la necessaria unione.
Il racconto è arioso, ricco di musicalità e procede leggero nella narrazione. Si avverte che ha bisogno di essere detto, esposto nel raccontato orale. Urge di questa necessità, che è una necessità originaria. Non c'è racconto senza l'ascolto. Non c'è dire senza essere tra altri. Nell'intrecciarsi del racconto, si intrecciano le domande e le risposte, si incontrano le parole consonanti e dissonanti alla ricerca di senso oltre l'incompletezza del nostro dire per tessere relazione con l'alterità che è in noi e fuori di noi.
È la storia di un bambino, trasfigurazione dell'eroe, che sfida la morte per farsi parte di un tutto vitale nel tempo dei cicli cosmici tra gli echi di un canto originario.
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