Megalopolis - di Francis Ford Coppola
Un presente e un futuro nel passato.
C'è timore e reverenzialità nei confronti di un maestro del cinema che hai molto amato. La reverenzialità nasce dall'atto di coraggio di un regista che, dopo molti anni, si rimette in gioco con un nuovo film. Il timore deriva dallo stesso motivo. L'aspettativa è tutta proiettata al passato (per quanto mi riguarda, in particolare ad *Apocalypse Now*); invece, in prima battuta, sei completamente disorientato da ciò che ti appare davanti agli occhi, immediatamente sviato da traiettorie inedite.
E allora bisogna ridefinire "la forma e il contenuto" di ciò che ci viene presentato. È un film che fondamentalmente ha a che fare con il tempo, lo spazio e il potere/dominio entro un orizzonte liminare di passaggio d'epoca, tra distopie realizzate e utopie ricercate.
Il film procede in modo "caotico" e la forma è soprattutto pluralità di stili che hanno il compito di contenere e, allo stesso tempo, mostrare il caos. Dunque non esiste una sola prospettiva stilistica o forma espressiva. C'è ogni cosa: cinema classico, cinema espressionista, cinema contemporaneo, teatro, architettura, animazione e cartoon; ci sono tutte le arti performative, l'arte e la rappresentazione più becera dei locali da quattro soldi.
Siamo dentro una città, anzi la città per antonomasia, New York-Nuova Roma, che ha i connotati del presente, ma si riveste ambiziosamente con i panni dell'antica Roma.
C'è la filosofia dichiarata e implicita, c'è tanta letteratura, in un citazionismo eccessivo; c'è la scienza che s'inoltra nei campi del paradosso e dell'impossibile. Ci troviamo in un mondo fatto di eccessi ed eccezionalità. Rutilante, orgiastico e perverso com'è il mondo in cui viviamo.
Ci si chiede: perché il mondo è rappresentato in questo modo? Perché il regista privilegia un taglio stilistico che dà frutto a un "eccesso" di finzione?
Nonostante siamo proiettati in un mondo paradossale, si avverte la sensazione di appartenere ad esso. Non c'è alcun disagio in questa ambigua dimensione tra un eccesso di immaginazione e la realtà nella quale viviamo. "Il mondo vero si è fatto favola".
Entro una struttura ambigua del tempo, il passato (l'antica Roma) riveste il presente, quale desiderio di potenza e celebrazione. Produce un immaginario comune, che si esplica compulsivamente con il desiderio, il potere e il sesso.
Dal punto di vista dello sguardo esterno e riflessivo appare un'umanità che ha il compito di fare i conti con se stessa, che si riflette 'narcisisticamente' entro il paradigma dell'"umanesimo", mentre è in piena decadenza per aver rinunciato al "legame sociale", subendo passivamente il fascino e la potenza del capitale e del potere.
L'antica Roma offre lo scenario per descrivere un impero che, giunto al suo apice, si corrode al suo interno mettendo a rischio la propria sopravvivenza. È dunque in gioco la sopravvivenza dell'intera civiltà (occidentale).
Tale aspra lotta per la conquista dello spazio, per edificare una nuova "megalopolis" o tenersi la nuova Roma, si esplica in un dramma shakespeariano attraverso la lotta fra tre famiglie: i Cassio, i Catilina e i Ciceroni.
I protagonisti principali sono (nomen omen) Frank - Cicerone (Giancarlo Esposito), Cesar - Catilina (Clodio Pulcher), Hamilton - Crasso (Jon Voight), Giulia (Nathalie Emmanuel), figlia di Cicerone, e il "maledetto ed invidioso" figlio (Shia LaBeouf) di Crasso e cugino di Catilina, il fiancheggiatore (Dustin Hoffman) e un'anchorwoman senza scrupoli (Aubrey Plaza).
Cicerone è il sindaco conservatore della città, che ha paura, ancorato alla realtà presente, di un futuro nuovo e per lui imprevedibile. Catilina è un geniale scienziato, inventore di un nuovo materiale che ha le capacità "magiche" di creare nuovi oggetti, case e città, di rigenerare il corpo umano.
È un architetto visionario, fautore di una transizione verso una dimensione utopica, una città "del futuro" in cui si realizzi un profondo ed organico legame tra esseri umani, non umani e tecnologia, in cui il tempo non sia il nostro padrone ma sia a nostro servizio. Crasso è il potente banchiere che può decidere verso l'una o l'altra direzione.
La nuova città è quasi pronta mentre Crasso e Cicerone sorvegliano Catilina per poter imbrigliare la sua visionarietà e creatività; nel frattempo, molti pericoli incombono, come satelliti nucleari privi di controlli (URSS) che vanno a schiantarsi sulla Terra.
La guerra intestina tra le famiglie e il popolo viene aizzata dal cugino, portatore di un odio profondo verso il padre, che ammira palesemente il cugino geniale.
Eppure è l'amore forte e mediatrice di Giulia nei confronti di Catilina, a cui darà una figlia, che porterà alla salvezza e riconciliazione tra le famiglie (ribaltando il paradigma tragico) e alla realizzazione di Megalopolis. Vince l'utopia.
È difficile esprimere un giudizio definitivo su un film complesso che richiede una lettura molto più attenta per districarsi nel mondo di rimandi filmici e di ambizioni rappresentative. Per quanto mi riguarda, ho seguito il film in modo alterno, soffrendo della lunghezza. Mi ha molto incuriosito l'elemento sperimentale, nel voler creare un film oltre il postmoderno con il postmoderno. Mi spiego meglio: richiamo una regola logica, per cui una doppia negazione porta a un'affermazione positiva.
Mi è sembrato che il regista abbia giocato (forse un po' troppo nel senso del gioco) con un eccesso di meta-rappresentazione per rappresentare in modo "realistico" una realtà innervata al suo interno da una sopra-realtà di apparenze e simulacri.
Da questo punto di vista risulta molto interessante. Non so dire se questo sia una nuova rivelazione per il cinema o se apra nuove modalità di praticare la cinematografia.
Per uscire dall'allegoria – e come ogni allegoria può assumere significati attuali – il riferimento all'attuale situazione americana è più che evidente. È anche interessante il fatto che il regista abbia messo in gioco due elementi significativi: la creatività e l'utopia. Un monito a non rinchiudersi in una dimensione passiva e reattiva, e a riprendere a guardare il futuro come qualcosa che deve ritornare ad appartenerci, sicuri che le cose devono cambiare, superando le catene del passato e le contraddizioni e i pericoli del presente, per non sprofondare in un "cuore di tenebre".
#FSREC99
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