Cosa dire del film di Segre, Berlinguer la grande ambizione, sugli intensi e contraddittori 5 anni della vita di Enrico Berlinguer (1973-1978), uno dei leader di partito più amati e ancora presente nella memoria di tante persone, di cui ancora oggi si discute? Come ogni opera artistica, può avere vari punti di vista da cui può essere analizzata.
Berlinguer riuscì a portare il PCI fuori dall'orbita sovietica, nonostante la guerra fredda e la suddivisione del mondo in blocchi, sviluppando l'idea di un socialismo nelle libertà, pluralismo e democrazia. Ma vi sono anche l'attentato bulgaro che che fece rischiare la vita a Berlinguer, le grandi manifestazioni degli operai, la battaglia sul divorzio, i movimenti femministi e giovanili degli anni '70, il rapimento moro, la sofferta linea della non trattativa, la morte di Moro e la costituzione del governo di unità nazionale.
Tutta la parte storica e politica è intessuta con la vita privata e familiare, da cui emerge il profilo di un uomo così votato alla causa che anche la vita privata ne è coinvolta, pur mostrando un padre molto attento ai figli e un intenso amore nei confronti della moglie.
Diciamo subito che, dal punto di vista storico e documentario, il film non aggiunge niente a ciò che già è conosciuto. La ricostruzione è molto precisa per l'uso di una documentazione autentica, ricca e originale. Si punta nel film a fare emergere come il perno dell'azione politica di Berlinguer fosse il "sogno" di far fare un balzo in avanti al PCI verso un riformismo europeo e, nello stesso tempo, dare all'Italia una democrazia compiuta.
Diciamo anche che, come è costruito il film, non vuole essere un "saggio" storico che analizza in termini critici l'azione di Berlinguer. Infatti, gli episodi riportati sono essenziali e il punto di vista è tutto incentrato su Berlinguer e il suo modo di essere in politica e a fianco alla politica; la sua figura è capace di renderlo molto carismatico per la base del PCI ma anche per molta gente non comunista.
Viene tratteggiato un Berlinguer molto più interiore, familiare e ricco di sfumature umane, che rivelano le difficoltà di chi ha la responsabilità di portare avanti un grande partito e di assumere decisioni che a volte si discostano da quelli che sono i propri principi o che sconvolgono i propri sentimenti rispetto a una decisione politica, come nel caso della linea della fermezza durante il sequestro Moro.
Durante la visione del film mi sono chiesto quale effetto possa avere la storia di un personaggio come Berlinguer nei confronti delle nuove generazioni. Non so se tra i ragazzi e le ragazze attuali possa essere immaginata una figura come Berlinguer, cosa sia stato il senso della militanza e di una vita segnata e dedicata così intensamente a un partito con grande abnegazione per ideali collettivi.
Una difficoltà, a mio avviso, sta nel confronto con le modalità con cui si presenta la politica oggi, che si regge sulla comunicazione spettacolare, senza grandi partiti e idee di riferimento, in cui l'appartenenza è basata sull'opportunismo politico, privo di orientamenti ideali di cambiamento di un sistema e senza più senso della provenienza sociale, politica e storica di un partito.
Penso che resterebbero molto esterrefatti nel vedere la serietà e anche la paludosa modalità con cui si muovevano i politici, tanto da poter essere considerati noiosi rispetto alla "brillantezza" comunicativa che devono mostrare gli attuali. Così come risulterebbe extraterrestre la militanza politica appassionata e attiva di tantissime persone per un partito che si faceva portatore dei bisogni e delle speranze di milioni di cittadini per un mondo più uguale e libero. Insomma, si avvertirebbe una distanza abissale nei confronti di un mondo, quello politico di 50 anni fa, attraversato dalle grandi passioni politiche e ideologiche segnate dallo scontro di classe.
E allora qual è il senso di un confronto con una figura come Berlinguer da sentirne la necessità di fare un film oggi? Per quelli della mia generazione è un tuffo nel passato storico e della militanza.
Scorrendo il film, non si può non ricordare e dire di esserci stato. Così come è vivido in me il ricordo del "piccolo" e tenace Berlinguer durante i giorni convulsi e tragici del terremoto del 1980, a cena con lui accanto al campo base, venuto a portare la sua presenza e solidarietà. O la partecipazione ai grandi momenti di raduno, quali le manifestazioni e le feste dell'Unità. Un richiamo a un mondo politico passato che stride molto, per tante cose, con il presente.
Al di là della nostalgia, il film non vuole fare di Berlinguer una figura santificata. Vuole, invece, farne un esempio di politica come passione e ideale, con cui confrontarsi per trovare, nella realtà di oggi, quelle che sono le ragioni per ridefinire un'azione politica collettiva. Ecco, penso che il film alla fine dia questo. Il personaggio Berlinguer, così magistralmente interpretato da Germano, vuole essere un punto di riferimento per ritrovare le motivazioni e le capacità per dare ancora un senso alla politica, che oggi sembrerebbe aver smarrito o camuffato entro un conformismo cinico di puro esercizio del potere personale e di gruppo. Così come risulta insufficiente l'idea della politica come sola "buona amministrazione", più incline a una visione conservatrice della società.
Il film, nel complesso, è ben fatto, capace di tratteggiare la figura di Berlinguer a cui Germano presta, con grande bravura, un corpo che sicuramente, a chi ha conosciuto Berlinguer di persona, a volte, grazie a una grande capacità mimetica dell'attore, ne intuisce in modo inquietante le sembianze e le movenze gestuali. Certamente il film, per la modalità di narrazione molto aderente alla documentazione, perde a tratti di tenuta ritmica e di spessore espressivo. Interessante però come il movimento di camera sappia stare in modo molto ravvicinato al corpo di Berlinguer per sentire l'eco di un'intimità così difficile da rilevare per una personalità sensibile e complessa quale è stata quella di Enrico Berlinguer.
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