La costruzione dell'alterità nemica come strumento politico
Nel panorama politico contemporaneo, assistiamo a una crescente polarizzazione ideologica che si manifesta attraverso la costruzione sistematica di figure nemiche. Questo meccanismo, lungi dall'essere una novità, si rinnova e si adatta alle esigenze del presente, assumendo forme sempre più sofisticate e pericolose. Il passaggio dalla figura del "nemico esterno" — l'immigrato, l'invasore, il diverso — a quella del "nemico interno" — il dissidente, il portatore di valori alternativi — segna una svolta significativa nella retorica delle destre radicali. Tale trasformazione non è solo semantica, ma incide profondamente sulla percezione collettiva, sulle politiche pubbliche e sul tessuto democratico.
La costruzione del nemico esterno
Per decenni, il nemico esterno ha rappresentato il fulcro della propaganda nazionalista/sovranista. Immigrati, rifugiati, minoranze religiose — in particolare musulmane — sono stati descritti come minacce esistenziali alla "civiltà occidentale". La retorica della "sostituzione etnica", alimentata da teorie cospirazioniste e da una narrazione identitaria esasperata, ha trovato terreno fertile in contesti di crisi economica e sociale. In questo scenario, il nemico esterno diventa il capro espiatorio perfetto: una figura distante, facilmente demonizzabile, che giustifica politiche securitarie, chiusure dei confini e discriminazioni sistemiche.
Negli ultimi anni, tuttavia, e soprattutto adesso, si è assistito a una trasposizione di questa logica verso l'interno. Il nemico non è più solo lo straniero, ma anche il cittadino che non si conforma ai valori dominanti: attivisti, intellettuali, minoranze politiche e culturali, fino all'avversario politico. Questi soggetti vengono accusati di minare la coesione nazionale, di promuovere "antivalori" e di contribuire alla decadenza della società. La lotta contro il nemico interno si articola attraverso una serie di strumenti: campagne ideologiche aggressive, revisionismo storico, controllo dell'informazione, discriminazione educativa e, in alcuni casi, repressione diretta.
Questa dinamica è resa possibile da un indebolimento progressivo delle garanzie democratiche. La riduzione dei diritti civili, la delegittimazione delle istituzioni indipendenti e la concentrazione del potere decisionale in poche mani creano le condizioni per una deriva autoritaria. La democrazia, svuotata dei suoi contenuti sostanziali, diventa una mera facciata.
Il caso paradigmatico degli Stati Uniti: crisi e radicalizzazione
Gli Stati Uniti offrono un esempio emblematico di questa trasformazione. Nonostante siano la potenza economica e militare dominante, attraversano una crisi profonda: produttiva, sociale e identitaria. La globalizzazione ha accentuato le disuguaglianze, precarizzato il lavoro e generato insicurezza. In questo contesto, ampi settori della popolazione reagiscono con forme di radicalizzazione, cercando risposte semplici a problemi complessi.
Lo slogan "Make America Great Again" (MAGA) incarna questa tensione. Lungi dall'essere un progetto politico coerente, rappresenta una struttura ideologica flessibile, capace di assorbire contraddizioni e canalizzarle in una visione individualista e nazionalista. Il messaggio implicito è: "prima di tutto me stesso", che si traduce in "Prima di tutto USA". Questa retorica, apparentemente patriottica, nasconde una visione egocentrica e competitiva del mondo, in cui la solidarietà internazionale e i diritti universali vengono sacrificati sull'altare dell'interesse nazionale.
Il ruolo del leader carismatico
In questo scenario, la figura del leader carismatico assume un ruolo centrale. Donald Trump, per molti, incarna una risposta alle paure collettive: un uomo forte, capace di "dire le cose come stanno", di sfidare le élite e di combattere i nemici della nazione. La sua immagine, spesso descritta come chimerica — una creatura mitologica con tratti di leone, capra e drago — riflette la complessità e l'ambiguità del suo ruolo. Pur evocando il mostruoso, viene percepita come salvifica, come l'unica possibilità di riscatto in un mondo in crisi.
Questa mitizzazione del leader non è priva di rischi. La concentrazione del potere, la personalizzazione della politica e la delegittimazione delle istituzioni democratiche aprono la strada a forme di governo autoritarie, in cui il dissenso viene represso e la pluralità cancellata.
Il pericolo della deriva ideologica
La costruzione del nemico, sia esterno che interno, rappresenta una strategia politica potente e pericolosa. Come ci insegna la storia del fascismo e del nazismo, il passaggio da una retorica identitaria a una visione biologico-razziale può avvenire rapidamente, soprattutto in contesti di crisi. L'idea della deportazionne, dei campi di detenzione ne sono un riflesso Le ideologie dell'odio razziale, della discriminazione e della violenza non sono scomparse. In un mondo in cui la forza e il predominio sembrano prevalere emergono pericolosamente sotto nuove forme, alimentate da paure reali e da manipolazioni sistematiche.
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