Lo schema degli appunti per il mio intervento di apertura dell'incontro "La tutela del contemporaneo a Potenza" presso il palazzo ex Enel, il 29 ottobre 2025.
L'incontro è stato un momento di approfondimento dedicato all'architettura del Novecento, al suo impatto sulla città e alle sue potenzialità future.
L'evento rientrava nel programma di "Contrordine. Ambienti/installazioni, proiezioni, incontri", una delle ramificazioni del Città delle 100 Scale Festival, e si è avvalso della collaborazione dell'Ordine degli Architetti P.P.C. della Provincia di Potenza.
Sono intervenuti l'architetto Simonetta Montonato, Ministero della Cultura, l'architetto Gerardo Sassano, Presidente dell'Ordine degli Architetti P.P.C.della Provincia di Potenza e Donato Faruolo, docente presso l'Accademia di Belle Arti di Foggia e curatore della mostra "Contrordine"
I miei appunti
Il contesto del Festival
Il Città delle 100 Scale Festival è una manifestazione multidisciplinare dedicata alle arti performative contemporanee - danza, teatro, performance - che nel tempo ha sviluppato un rapporto interessante con l'architettura e con l'arte contemporanea in senso ampio.
Insieme a Giuseppe Biscaglia, prima di dar vita al Città delle 100 Scale Festival, per oltre dieci anni abbiamo realizzato seminari biennali di un certo rilievo per riflettere sulla città contemporanea, mettendo in relazione filosofia e architettura, collaborando con la rivista Afione e Zeto diretta da Margherita Petranzan, e con lo IUAV di Venezia.
Da questa esperienza abbiamo ritagliato tre concetti, meglio dire tre idee regolative, che ci hanno guidato nell'analisi della città contemporanea per comprenderne l'evoluzione, la morfologia, le dinamiche relazionali sia in senso diacronico (storico) e sincronico (contemporaneo). Tre concetti chiave che abbiamo sintetizzati in tre termini che sono:
- Communitas
- Civitas
- Polis
A cui con il tempo se ne è aggiunto un quarto di fondamentale importanza
Natura
Quattro concetti interrelati tra loro per leggere la città contemporanea
Communitas è un termine ambivalente: da un lato richiama il munus, dono, lo scambio, la relazione; dall'altro, l'immunitas, ovvero la costruzione identitaria che si oppone all'alterità, spesso percepita come minaccia. In tempi di nazionalismi e populismi, questa tensione è più che mai attuale.
Civitas ci ha permesso di esplorare la dimensione civica della città: le sue strutture sociali, culturali ed economiche, con particolare attenzione alle disuguaglianze che la attraversano.
Polis, rappresenta la dimensione politica e partecipativa della vita urbana: la capacità di trasformare il vivere comune attraverso luoghi condivisi, attraversati e vissuti.
Natura: con esso abbiamo segnato un percorso di superamento delle forme dicotomiche che hanno caratterizzato, come modernità, la visione del mondo: soggetto/oggetto, natura/cultura, umano/non umano, nella prospettiva di un superamento dell'antropocentrismo e di considerare l'essere umano come parte di un tutto.
Questo ha comportato di risignificare tutti e tre questi concetti sopra accennati, che sono stati messi alla prova nella loro tenuta e articolazione da problematiche di carattere ecologico, energetiche e climatiche.
Quindi non bastava guardare alla città in termini di rapporti tra centro e periferia, antico e moderno, bellezza e degrado. Si è dovuto rivedere profondamente il rapporto natura e cultura, naturale e artificiale, tecnica e natura, abitare e costruire.
Siamo partito riprendendo l'idea del paesaggio sulla scorta della radicalità del pensiero di Gill Clement in riferimento al giardino in movimento e del giardino senza giardiniere, per man mano inglobare il rapporto con la città pensando a luoghi limanari, periurbano o abbandonati
La città come codice genetico del Festival
Quindi se all'origine, il nostro festival ha avuto un rapporto privilegiato con gli spazi urbani, in particolare con i luoghi pubblici, man mano la sua attenzione si è ampliata a confronto delle problematiche naturali attraverso lo sviluppo dell'idea di paesaggio, che noi in senso più ampio abbiamo inteso come paesaggio urbano.
Abbiamo realizzato interventi significativi in collaborazione con artisti e architetti paesaggistici: da Gerardo Sassano agli amici romani di volume Zero, da _Serpentine Reload_ a _Wivalat_, dalla _Scala delle 100 Scale_ allo _Zoo Consolvetico_, fino al _Metaltecnico di Tito_ e al _Capannone Enel_.
Possiamo dire che la nostra presenza culturale nella città si sia realizzata attraverso una pratica che ha saputo coniugare dimensioni artistiche, sociali e professionali.
Una riflessione critica
Il percorso che ci ha portati fino a questa diciassettesima edizione ci spinge a riflettere sul senso e sul significato del nostro operato. Viviamo in una realtà profondamente mutata, che ci impone di rivedere con maggiore attenzione le categorie e le pratiche che hanno guidato la nostra azione.
Oggi sentiamo la necessità di interrogarci su alcune "derive" rispetto all'idea originaria di concepire e agire nella città. Se in una prima fase era fondamentale relazionarsi con la città per offrire nuove prospettive e creare legami con la comunità, oggi ci troviamo di fronte a equivoci in cui interventi culturali come i nostri possono cadere.
Nel contesto attuale, alcuni termini—come "rigenerazione urbana" o "creatività"—sono diventati formule di moda, spesso svuotate di senso. Pur partendo da intenzioni valide, rischiano di riconfigurare la città in modi che non favoriscono l'inclusione sociale, ma accentuano discriminazioni economiche e di status, spingendo ampie fasce della popolazione ai margini.
L'aspetto "creativo" può diventare strumento di disgregazione sociale e urbana. I contesti artistici che un tempo proponevano visioni alternative della città oggi rischiano di integrarsi in processi che ne snaturano le intenzioni.
Cultura, arte e turismo: una relazione problematica
Le stesse perplessità riguardano il connubio tra cultura, arte e turismo, il quale spesso fagocita forme di vita e pratiche culturali autentiche.
La domanda da porsi, allora, è tutt'altro che banale: cosa significa fare cultura oggi?
E, più nello specifico, cosa significa fare arti performative nella città contemporanea?
Un festival come il nostro deve interrogarsi sul proprio ruolo, evitando il prevalare di funzioni che non gli competono, rendendosi acquiescente proprio nei confronti di formule aleatorie di rigenerazione urbana o del turismo di massa, spesso illusorio e mistificante, in contesti segnati da gravi difficoltà culturali, sociali ed economici.
Cultura come valore: oltre il luogo comune
Non intendiamo negare il legame tra cultura ed economia. Ma crediamo sia necessario pensare ad una idea di economia allargata, più ampia, in cui la cultura segua percorsi propri, consapevole che i suoi effetti si manifestano attraverso canali complessi e tempi lunghi.
Il Palazzo ex Enel: non una location, ma un soggetto
L'intervento su questo palazzo non nasce dall'idea del "recupero" del palazzo e non ha alcuna valenza di rigenerazione urbana, né rappresenta la semplice scelta di una location per una mostra. Al contrario, il palazzo è il soggetto dell'impianto installativo. È stato per noi una sfida, come sempre, nel mutare la prospettiva.
Spesso si pensa agli spazi urbani come scenari da riempire: piazze da decorare, facciate su cui proiettare, scorci paesaggistici da esibire. Ma questa visione rischia di mascherare la realtà, di costruire una narrazione turistica che non corrisponde alla vita reale della città, che deve trovare proprio nella cultura la capacità di elaborare forme di interrelazioni che sappiano guardare cin attenzione al passato, proiettarsi nel futuro proprio a partire dalla contemporaneità, cioè la capicità di vivere criticamente il presente, superando conformismi e retoriche mistificanti.
Dietro molte pratiche si celano visioni di comunità fusionali, che fanno leva su identità e radici per alimentare ideologie nazionaliste e populiste con venature razziste. Oppure si assiste alla riduzione dell'arte a strumento decorativo, privo di forza critica.
Un manifesto per il presente
Per questo, quest'anno il festival non ha una parola chiave, ma un manifesto. Come le avanguardie del Novecento, vogliamo criticare il passato per guardare al futuro, con nuovi linguaggi e forme espressive, appunto contro il conformismo e l'acquiescenza.
Il nostro manifesto è critico, anche autocritico. Vuole orientare il pensiero in un presente tumultuoso verso un futuro che appare incerto e pericoloso.
Avvertiamo l'urgenza di ripensare linguaggi, di confrontarsi apertamente con la tecnica, con nuove forme espressive e comunicative intermediali per contribuire a creare nuove modalità di convivenza, dare spazio valori comuni di apertura al confrontol e alla inter- relazionalità tra cultura e modi di essere differenti e ad un nuovo rapporto tra umani e non umani.
E, se necessario, assumere il gesto dell'abiura, come ci ha insegnato Pasolini.
Per noi, significa ripartire dal teatro. Teatro, dal greco θέατρον, è il luogo da cui si guarda. Uno sguardo che non si accontenta, ma interroga, indaga, scorge ciò che ancora non è visibile.
Uno sguardo che salva, non perché evade la realtà, ma perché ne rivela la possibilità più radicale.
Grazie dunque nuovamente di essere qui.
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Presentazione iniziativa ed ospitalità
L'incontro di questa sera è un momento di un percorso per esplorare il contemporaneo.
Lo facciamo a partire da questo palazzo, entro cui vi sono tre installazioni, proprio per cercare di cogliere aspetti della contemporaneità architettonica a partire da una sua salvaguardia e una pratica di ricollocazione di ciò che sembra abbandonato all'oblio.
L'iniziativa è realizzata in collaborazione con L'Ordine degli architetti PPC della provincia di Potenza.
Ringrazio gli ospiti che sono al tavolo (Faruolo, Sassano, Simonetta Montonato).
Apre la serata Donato Faruolo, docente presso L'Accademia alle Belle Arti di Foggia. Curata di varie mostre, che hanno teso a modificare il taglio che si dà prevalentamente oggi alle mostre, pensate più come luoghi espositivi di pacchetti prefabbricati. Puntando come curatore invece ad un stretto lavoro di "cura", di relazione con gli artisti e in particolare con i luoghi e in senso più ampio con i territori.
Capovolgendo spesso lo sguardo, non proiettato dal centro alla periferia, ma esattamente il contrario.
È curatore della mostra/installazione in questo palazzo. A Faruolo toccherà, com lui stesso ha ribadito,
un intervento su quell'area di mezzo in cui i beni culturali mutano sensi e valenze sociali tra informe e informale, elemento che ha guidato la progettazione di Contrordine e degli ambienti di Nicola Di Croce/Marta Magini, Marcello Mantegazza, Maria Ditaranto.
La parola va all'architetto Gerardo Sassano
architetto e paesaggista. Presidente dell'Ordine degli Architetti PPC della provincia di Potenza, è socio ordinario AIAPP (Associazione Italiana Architettura del Paesaggio) e membro del comitato di redazione della rivista "Architettura del Paesaggio" organo ufficiale AIAPP. Dal 2020 è referente dell'Associazione Parchi e Giardini d'Italia (APGI) per la regione Basilicata. Ha svolto attività didattica presso la Facoltà di Architettura di Unibas con insegnamenti a contratto e si occupa principalmente di ecologia del paesaggio e reti ecologiche, architettura del paesaggio e dei giardini, restauro di giardini e parchi storici, strategie contemporanee di trasformazione del paesaggio urbano e, in particolare, degli spazi pubblici. Ha collaborato numerose volte con il Città delle 100 scale Festival curando processi partecipativi e di cittadinanza attiva e interventi di riuso temporaneo di edifici e spazi abbandonati o sottoutilizzati.
A lui il compito di entrare nel tema del contemporaneo a Potenza esponensi strumenti e buone pratiche per preservare e promuovere il patrimonio architettonico recente, attraverso anche esperienze realizzate con il Città delle 100 Scale Festiva.
L'ultimo intervento è riservato
Simonetta Montonato, funzionario architetto presso il Ministero della Cultura. Si laurea in architettura nel 2006 presso il Politecnico di Milano. Dopo un periodo di lavoro all'estero rientra in Italia per frequentare la Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio del Politecnico di Torino. Attualmente lavora come funzionario presso la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio della Basilicata e fa parte della comunità di pratica del MiC dedicata alla tutela dell'architettura contemporanea.
Al lei il compito anche di chiusura dell'incontro che vuole offrire strumenti legislativi ed indicazioni di politiche per la tutela, del riconoscimento e della valorizzazione dell'architettura contemporanea, con uno sguardo particolare alla città di Potenza
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